Castel di Lucio, avviata un’indagine sulle offese a Santo Salerno

di Giuseppe Salerno
17/10/2018

Finirà, probabilmente, in tribunale, al vaglio di un giudice della sezione per le Indagini Preliminari del Tribunale di Patti, il caso di omonimia che ha visto protagonista un 23enne di Castel di Lucio, Santo Salerno, finito in un “vortice” d’insulti, sul celebre social Facebook, dopo il servizio de “Le Iene”, andato in onda su Italia Uno.

Nella puntata trasmessa sulla rete Mediaset, lo scorso 10 ottobre, la “Iena” Nina Palmieri conduce un’inchiesta su un fatto di cronaca avvenuto a Siracusa. Un incidente stradale in cui perde la vita un 15enne, travolto, mentre viaggiava a bordo del proprio motorino, da un’autovettura fuori controllo e in contromano. Alla guida dell’auto assassina il figlio di un ispettore dei Vigili Urbani di Siracusa, Santo Salerno di 23 anni, omonimo del giovane di Castel di Lucio conosciuto in buona parte dell’Isola per le sue straordinarie doti calcistiche.

Il fatto che il giovane, omonimo del talentuoso calciatore di Castel di Lucio, abbia causato l’incidente alla guida di un’auto senza assicurazione, contromano e a velocità folli, e che dopo il disastro non sia stato sottoposto, da parte dei Vigili Urbani diSiracusa, ad alcun alcun test e, addirittura, non gli viene ritirata nemmeno la patente, indigna e disgusta diversi telespettatori del programma televisivo “Le Iene”  i quali si mettono subito alla ricerca del Santo omicida sul celebre social Facebook per insultarlo, offenderlo, oltraggiarlo.  Nella ricerca affannosa e poco attenta, però, sono molti gli utenti di Facebok, telespettatori del programma di Italia Uno a sbagliare e dunque ad individuare il giusto Santo Salerno, tramite il motore di ricerca del social.

Ed è così che sul giovane di Castel Di Lucio, calciatore della Castelluccese,  piovono un incontrollato numero di insulti, cattivi, violenti ed offensivi  che, la mattina seguente, dopo aver acceso il suo smartpone, lo lasciano interdetto difronte all’incredibile ed ingiustificato attacco (considerate che lui era ignaro del servizio de “Le Iene”). Dopo averci pensato su un po, il Santo Salerno oltraggiato ed ingiuriato sul social, si reca dai Carabinieri della Stazione di Castel di Lucio e presenta formale denuncia querela, per diffamazione a mezzo Facebook, nei confronti  degli utenti che, secondo il querelante, avrebbero leso la sua immagine.

Sulla vicenda indagano adesso i militari della Stazione di Castel di Lucio, coordinati dal maresciallo Matteo De Paola assieme al Comando Compagnia dei Carabinieri di Mistretta che, pare, si sarebbe già messa in moto per reperire gli indirizzi IP, l’etichetta numerica che identifica univocamente i dispositivi collegati alla rete informatica che utilizza l’Internet, di ciascun utente reo di aver commentato in modo offensivo, per procedere all’identificazione di ciascuno.

Sono molte le persone convinte di poter utilizzare la bacheca, messa a disposizione dal portale, a proprio piacimento, senza alcuna controindicazione. Davanti al computer e smart-phone, altrettanti persone, riescono a trovare la forza per poter esternare ciò che, in altri ambiti, non avrebbero mai il coraggio o il buon senso di esprimere: prevaricazioni, ingiustizie, decisioni politiche, scelte del proprio datore di lavoro… ribellandosi, esprimendo il proprio dissenso ed esercitando il diritto di critica.

Molto spesso, però, la soglia del giudizio, del dissenso, della critica vengono varcati e lo sfogo assume un aspetto ostile, severo, irriverente verso persone. In ragione del fatto che i commenti che compaiono sui social network hanno una diffusione capillare e potenzialmente illimitata, la Cassazione ritiene che le offese espresse in tal modo debbano ritenersi aggravate, come se commesse a mezzo stampa.

Postare un commento su facebook, che va oltre l’esercizio del diritto di critica, dunque, è gravissimo. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24431/2015, ha stabilito che inserire un commento su una bacheca di un social network significa dare al suddetto messaggio una diffusione che potenzialmente ha la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sicché, laddove questo sia offensivo, deve ritenersi integrata la fattispecie aggravata del reato di diffamazione.

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