A Galati Mamertino un incubatore di imprese dell’agroalimentare

di Salvo Lapietra
01/04/2014

GALATI MAMERTINO. Un incubatore di imprese dell’agroalimentare per sviluppare un settore dalle grandi potenzialità:quello della produzione di salumi da suino nero dei Nebrodi. Il progetto, a Galati Mamertino in provincia di Messina, è già in itinere e nel volgere di un paio d’anni potrebbero cominciare a operare le prime start up nel campo dell’agroalimentare ma anche dei servizi a supporto del settore (commercializzazione, marketing, e-commerce). [banner url=”00D647″]Una struttura, finanziata dalla Regione siciliana con un a dote di 2,8 milioni, che va a completare quello che ormai si propone un vero polo agroalimentare visto che nello stesso sito in cui nascerà l’incubatore si trova il salumificio gestito dal Consorzio Terre dei Nebrodi di cui è presidente Pippo Borrello. «Per noi – spiega Bruno Natale, sindaco del piccolo centro dei Nebrodi – questa nuova struttura rappresenta il completamento di un progetto complessivo che riguarda il polo agroalimentare, che è poi la vera vocazione di questi luoghi. Il centro sarà polifunzionale: da una parte sarà incubatore di imprese, punto di riferimento per start up dall’altro sarà un luogo di incontro e di approfondimento e se vogliamo anche un centro espositivo. E’ chiaro ormai che bisogna ripartire dalle grandi risorse del territorio per costruire nuova economia e superare la cultura parassitaria del passato».

Il prosciuttificio, che ha come partner anche Slow Food che qui ha un presidio e che vigila con un suo disciplinare sulla produzione di prosciutto e salame da suino nero, dalle potenzialità enormi (può lavorare fino a 5.000 prosciutti), ha superato la fase sperimentale cominciata alla fine del 2005 ed è punto di riferimento certificato per la lavorazione di carni di suino nero dei Nebrodi: un prodotto di altissima qualità che all’ingrosso viene venduto in media a 45 euro al chilo ma che sul mercato spunta prezzi che oscillano tra i 55 e i 60 euro ed molto richiesto dal mercato sia italiano che estero. Una struttura al servizio della produzione che ha un retroterra enorme: del consorzio di tutela del suino nero dei Nebrodi, costituito oltre dieci anni fa, fanno parte oltre all’Università di Messina (Facoltà di veterinaria) numerosi comuni dell’area, e si è dotato di un disciplinare che “governa” un patrimonio fatto da 110 allevamenti, 3.500 soggetti coinvolti e 800 scrofe. L’ultimo step è la Denominazione di origine protetta: la domanda è stata presentata e si è in attesa che arrivi. Darebbe un’ultima scossa a un settore che dà segnali molto positivi: «Questo ambito – dice Vincenzo Pruiti, responsabile delle Soat di Castell’Umberto e Mistretta, le strutture periferiche dell’assessorato all’Agricoltura che hanno competenza su questo territorio – è quasi l’unico che riesce a dare reddito ma sconta problemi strutturali e antichi di questo territorio: a fronte di una domanda crescente a volte non c’è un’adeguata risposta». Un potenziale inespresso che avrebbe bisogno di maggiore attenzione da parte, per esempio, del sistema creditizio e una filosofia nuova da parte delle associazioni di categoria che potrebbero avviare qui contratti di rete o potenziare semplicemente i consorzi esistenti. Anche perché la filiera non è fatta solo di salumi: il suino nero è molto apprezzato anche nel settore gastronomico. Come dimostra l’esperienza di Tanina Anastasi e Pino Drago, due coniugi che hanno investito da tempo in questo settore creando De Gusto, azienda che agisce su due fronti: la gastronomia e l’allevamento di suini e la produzione di salumi. Al Salone del gusto di Torino hanno portato il ragù di suino nero dei Nebrodi e una variante delle famose arancine qui elaborate con ragù di suino nero. E sono pronti a cogliere anche le opportunità commerciali su scala più vasta che da questa attività possono derivare: «Il nostro ragù – spiega Pino – è pronto per essere commercializzato. Abbiamo già contatti, tra i quali anche con Eataly». Dopo aver fatto i prosciutti, il salame ci sono ancora parti del maiale che possono essere utilizzate perché, questa storia lo dimostra, è proprio vero che del maiale non si butta via niente.

dal Sole24ore.com

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