L’errore di Oieni e il dovere di chiedere scusa

di Giuseppe Salerno
02/02/2018

Continua a tenere banco la vicenda che ha visto protagonista, nell’aula consiliare del comune di Nicosia, dinanzi a un uditorio composto da allevatori, sindaci delle aree montane e imprenditori del settore silvo-pastorale riuniti per un confronto con l’Assessore regionale all’Agricoltura,  il vice sindaco della città di Mistretta, Vincenzo Oieni che, con le sue affermazioni, nel tentativo di difendere la categoria di allevatori ed agricoltori, ha scatenato la dura presa di posizione del presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, sorpreso ed indignato per quello che lo stesso Presidente ha definito “insensato ed inaudito attacco” sferrato al Protocollo di Legalità, al sacrificio e al lavoro degli uomini dello Stato.

“…ci sono allevatori che stanno subendo dei danni per colpa di questo benedetto maledetto protocollo Antoci… Non c’è bisogno dei Cacciatori dei Nebrodi perennemente nelle nostre aziende che, all’indomani del ritrovamento di un coltellino, escono titoli sui giornali ”.  Queste le parole del vice sindaco.

Con una lunga nota stampa il vice sindaco Oieni cerca di spiegare meglio l’infelice asserzione, nel tentativo di dare la giusta chiave di lettura alla frase “possibilmente mal espressa, come lui stesso asserisce, avulsa dal contesto in cui era stata espressa, che ha fatto interpretare l’intervento in maniera diametralmente opposta da quello che voleva essere.”

Una nota stampa che spiega nei minimi dettagli per agevolare l’intelligibilità dell’argomento porgendo l’interpretazione autentica, ma che, comunque, non convince.  Non convince poiché nessuno riesce a trovare una ragione che sia capace di motivare o giustificare l’affermazione  inesplicabile che, lì lì, infiamma la platea perché incarna il pensiero di molti allevatori presenti in sala, oppressi dalla troppa burocrazia, sovrastati e schiacciati da uno Stato che si mostra indifferente alle difficoltà rappresentate dai mancati pagamenti dei contributi da parte di Agea, dalle calamità naturali, dalle lentezze burocratiche, da gli elevati costi di produzione… Allevatori scettici che non attribuiscono al Protocollo della Legalità tutta l’importanza ed il valore che molti vogliono far credere abbia (molti per ignoranza, molti altri per convenienza). Documento messo a punto dal Presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci al quale, molti di loro, addossano la responsabilità per l’eccessiva, a tratti fastidiosa, presenza dello Stato che si manifesta, in questo territorio, solo, a loro dire, come organo di controllo deputato alle ispezioni, alle verifiche, alle prescrizioni e a multare, mai per aiutare.

Il vice sindaco Oieni fa la giusta anamnesi, azzecca la diagnosi, ma sbaglia la terapia proferendo le parole, adatte per far innalzare l’asta dell’applausometro, inopportune perché escono dalla bocca di un rappresentante delle istituzioni che si disallinea, senza al momento rendersene conto, dal Protocollo che rientra tra i cardini fondanti il nuovo Codice Antimafia. Parole pesanti quanto macigni che, se dette da un allevatore, non avrebbero certo suscitato tutto questo clamore. Parole con le quali il vice sindaco del comune di Mistretta da l’impressione di voler respingere il protocollo che porta il nome di Peppe Antoci, oggi legge dello Stato. Ma non è così, lo sappiamo tutti.

La gravità non risiede in un’affermazione esternata (senza alcun dubbio inquietante), grave poiché largamente condivisa da un nutrito gruppo di presenti, ma nel fatto che tale affermazione sia uscita dalla bocca di Vincenzo Oieni, il vice sindaco del comune di Mistretta che in quel momento rappresentava un’intera comunità. Oieni ha sbagliato. Ha sbagliato quel pomeriggio a Nicosia ed ha continuato a sbagliare uscendo con la nota stampa nel maldestro tentativo di giustificare l’esternazione inopportuna, l’umano smarrimento, finendo nel “tritacarne” della stampa che informa, ma a volte esagera e “violenta”. Il vice sindaco di Mistretta, degnissima persona per quanto ci riguarda, avrebbe dovuto solo abbassare il capo, portare le mani avanti e dire: “non pensavo ciò che è uscito dalla mia bocca. Chiedo, dimessamente, scusa a tutti”.

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