L’Italia a due velocità: Trenitalia non ferma i disagi al Sud

di Erika Atzori
23/04/2018

I convogli sono sporchi. Spesso malfunzionanti. Altrettanto spesso, in ritardo. E puzzano. Bagni chiusi in quasi tutte le carrozze, porte che non si aprono, luci che non funzionano e prese elettriche manco a cercarle con l’anternino, perché tanto i siciliani non si aspettano mica di poter ricaricare i propri smartphone sul treno.

E’ quanto accade da ormai troppe notti sui treni a lunga percorrenza che da Palermo raggiungono Roma. Uno spettacolo non dissimile a quello che accade su quasi tutti i treni che dalla Sicilia sbarcano sulla penisola, verso le più disparate destinazioni. Treni, le cui condizioni, gentilmente offerte da Trenitalia, che “si scusa per il disagio” da tempo memorabile, sono disperate.

Ci si deve ritenere fortunati se si viaggia con mezz’ora di ritardo, se si riesce ad avere un giornale per carrozza, se, quando il riscaldamento d’inverno non funziona, rimane una coperta in più.  E d’estate, meglio non parlarne, che “tanto i siciliani sono abituati al caldo” e farli viaggiare su vetture roventi prive di aria condizionata che si fermano per l’ennesimo guasto a centinaia di chilometri dalla destinazione, è normale. Può succedere, avremmo detto 50 anni fa, magari improvvisando una briscola con i compagni di cuccetta. O magari no. Perchè prendere un treno non è sempre una scelta, ma magari un’obbligo. Per le ragioni più diverse. Come per chi lo fa per lavoro. O per chi vive distante dagli aeroporti. O magari per chi ha paura dell’aereo. Per chi va a Roma a fare visite mediche e non sta proprio bene.

Sulla questione ritardi, è chiaro. A Trenitalia conviene di più sborsare quella piccola percentuale che “si scusa del disagio” e far ritardare uno, due, cinque treni che settimanalmente dalla Sicilia arrivano alla capitale o viceversa. Conviene di più chiudere 5 bagni su 7 a due ore dalla partenza del treno che, di ore, deve viaggiarne ancora 7, se si ha fortuna. E guai se ci si lamenta, perché come accaduto ai viaggiatori che stanotte erano sull’Intercity 1958 che da Palermo è arrivato a Roma, si rischia di vedersi appeso sulle porte di ogni bagno, per quattro, cinque carrozze, un cartello con la scritta “WC non utilizzabile”.

Eccoli i viaggiatori di Serie B. Quelli che, appena intrapreso il loro viaggio evitano di espletare i propri bisogni fisiologici perché se malauguratamente, non curante del rischio, lasci i tuoi bagagli in cabina per andare alla ricerca di un bagno “utilizzabile” e qualcuno te li ruba, la responsabilità mica è di Trenitalia. E’ tua, che, incauto viaggiatore, hai lasciato il bagaglio incustodito.

Eccoli, in fila a richiedere i “rimborsi” che arrivano dopo mesi bonificati sul proprio iban. Eccoli, i viaggiatori siciliani, che sognano il Pendolino quando dopo appena 20 chilometri di viaggio bussa alla loro cabina un altro viaggiatore con lo stesso numero di biglietto. Munirsi di biglietto. Obliterare. Non fumare in bagno, né dentro le cuccette. Non gettare carta fuori dal finestrino. Tutto vero. Ma Trenitalia, invece? A quanti dei suoi obblighi ottempera?  Quando entrerà nella testa di Trenitalia che il diritto al viaggio non dovrebbe essere esclusivo appannaggio del Nord Italia?

Mentre i viaggiatori andranno a denunciare le promesse scritte bianco su nero su un titolo di viaggio e non mantenute, magari i vertici Trenitalia staranno inaugurando un altro tratto dell’alta velocità che qui al sud sogniamo. L’Italia a due velocità. Quella che viaggia su comode carrozze che in due ore percorrono centinaia di chilometri e quella che viaggia senza comodità e che in due ore, di chilometri, se tutto va bene ne fa 100.

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