Mafia: l’uccisione di Beppe Alfano, dopo 22 anni nuovi indagati

di Salvo Lapietra
17/10/2015

Si tratta di un passaggio quasi obbligato che comunque potrebbe portare rivelare nuove verità squarciando il velo di maldicenze e soprattutto depistaggi che hanno accompagnato in questi 22 anni l’omicidio di Beppe Alfano, giornalista barcellonese assassinato la sera dell’8 gennaio del 1993.
Un passaggio obbligato perché è ormai agli atti degli investigatori quel verbale dei fratelli D’Amico, uomini delle cosche oggi collaboratori di giustizia, in cui viene fatto il nome di Stefano Genovese come autore materiale del delitto.
Genovese adesso è stato iscritto nel registro degli indagati da parte dei sostituti procuratori della DDA di Messina Vito di Giorgio ed Angelo Cavallo.
A riferirlo, nell’edizione di oggi, è la Gazzetta del Sud che ricorda come da mesi si lavori sui riscontri e quindi ben presto lo scenario potrebbe modificarsi anche con il coinvolgimento di ulteriori personaggi della malavita organizzata del Longano.
I D’Amico, nei verbali resi da quando hanno deciso di diventare collaboratori di giustizia, hanno raccontato delle reazioni all’interno delle cosche e delle confidenze raccolte in carcere.
Soprattutto hanno raccontato la strategia di depistaggio creata ad arte per infangare Alfano. Per scaricare su donne e debiti di gioco la matrice dell’omicidio. Dicerie che secondo Carmelo D’Amico vennero architettate e messe in giro dal boss Giuseppe Gullotti e da Sem di Salvo.
Per quanto riguarda le reali motivazioni del delitto, i pentiti raccontano che Beppe Alfano venne fatto fuori perché parlava troppo.

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