Relazione della Dia: «La mafia punta sull’agroalimentare»

di Salvo Lapietra
04/08/2016

E’ una mafia caratterizzata da un “clima di instabilità in cui le scarcerazioni degli affiliati potrebbero contribuire a mettere in discussione lo status quo anche sotto il profilo delle alleanze” quella “disegnata” nella relazione sulla criminalità organizzata della Direzione Investigativa Antimafia relativa al secondo semestre del 2015. La Dia evidenzia come la mafia militare, nonostante i colpi ricevuti dalle forze dell’ordine, “marca” il territorio e continua a cercare liquidità per il sostentamento delle cosche.
Alla mancanza di una “struttura di raccordo sovrafamiliare” che dirima il contenzioso e tramandi le “regole” ai giovani, poi, secondo la Dia, si sopperisce ricorrendo agli anziani, figure carismatiche in grado di dare una linea. Nella relazione non manca un cenno al superlatitante Matteo Messina Denaro, “coperto” dalla famiglia di sangue, ma anche da una rete di professionisti. Secondo gli investigatori, poi, Cosa nostra si avvale degli stranieri come “manovalanza per le attività delittuose: danneggiamenti, incendi, spaccio di droga, lavoro irregolare”. I clan concedono alla criminalità straniera una certa autonomia nelle attività ritenute marginali come contraffazione, prostituzione e sfruttamento di esseri umani. La mafia siciliana starebbe anche tentando di riaffermare il proprio ruolo nei traffici di droga, ruolo nel tempo in cui si è affermata la ‘ndrangheta. Un grido di allarme per rischi di infiltrazione mafiosa viene lanciato per il settore agroalimentare “soggetto a rischio di condizionamento” perché attraverso il controllo delle procedure d’appalto, l’accesso a finanziamenti comunitari, nei settori agricolo e zootecnico si potrebbero creare joint venture finalizzate al controllo della filiera. Infine un accenno alla corruzione come strumento attraverso il quale Cosa nostra ricicla denaro, acquisisce finanziamenti illeciti e accedere a notizie utili per aggiudicarsi gare appalto.

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