L’oro rosso dei Nebrodi: lo zafferano di Raccuja

di Erika Atzori
02/06/2018

Daniele Salpietro, Francesco Barone e Melo Martella sono tre giovani di Raccuja che sulla produzione di zafferano hanno scelto di fare impresa. Come? Lo abbiamo chiesto proprio a loro, che ci hanno svelato com’è nata la loro idea imprenditoriale e come hanno scelto di portarla avanti.

Innanzitutto ci piacerebbe sapere come e quando è iniziata questa attività. Come vi è venuto in mente di coltivare lo zafferano?

“Non ci eravamo mai resi conto veramente dei tesori di cui madre natura ci circonda, e che troppo spesso ci perdiamo andando in giro con il naso per aria. Ci è letteralmente bastato abbassare lo sguardo e osservare la nostra terra con occhi nuovi: è stato così che io e Francesco ci siamo accorti che nelle nostre montagne crescono fiori di zafferano selvatico, una tipologia di crocus spontaneo che non presenta le peculiarità specifiche (colore, odore e sapore) dello zafferano selezionato e impiegato per uso alimentare, cosmetico e farmaceutico. Spinti dalla curiosità, abbiamo approfondito l’argomento e scoperto con grande sorpresa che proprio lo zafferano, il famigerato oro rosso, è l’alimento più costoso del pianeta. Credo che ogni slancio imprenditoriale scatti dal sogno di guadagnare grazie al proprio ingegno e alla propria intuizione. Quella che inizialmente era una fantasticheria, divenne invece un progetto serio da concretizzare. Era il 2015: occorrevano tempo per raccogliere tutte le informazioni utili per capire come effettuare la coltivazione di questa spezia e procedere alla successiva lavorazione, un terreno con le caratteristiche adatte e tanto olio di gomito”.

Nonostante siano passati tre anni dall’idea, non avete ancora una rete di vendita ma vi siete legati ai produttori della zona per fare network. È corretto? Lo scopo è anche quello di offrire il vostro prodotto alle eccellenze dell’arte culinaria siciliana?

“Si, è esatto. In una prima fase inziale della nostra attività, contestualmente ai primi campi sperimentali, abbiamo realizzato delle indagini di mercato, riscontrando due richieste fondamentali: qualità e quantità. Per rispondere a queste due caratteristiche nel più breve tempo possibile avevamo due strade: avere un ingente dote finanziaria per far fronte all’investimento, oppure perfezionare le varie tecniche di produzione alla ricerca di un’eccellente qualità e coinvolgere altri produttori al fine di costruire una rete comune. Percorrere quest’ultima fu l’unica scelta possibile”.

Avete pensato al vostro ipotetico target?

“Il nostro obiettivo è quello di offrire un prodotto di altissima qualità. Di conseguenza sarebbe estremamente difficile ipotizzare l’utilizzo del nostro prodotto a quelle attività che non diano risalto e attenzione alle materie prime. Va da sé che se si vuole sviluppare e consolidare la realtà aziendale, bisogna che il nostro raggio d’azione non abbia limiti geografici”.

Quali sono i costi di produzione e a quanto andrete a vendere il vostro prodotto?

“In agricoltura ci sono dei fattori che non dipendono dall’uomo, quindi imponderabili (condizioni meteorologiche favorevoli o sfavorevoli). Per questo i costi di produzione sono soggetti a fluttuazioni che determinano il costo finale del prodotto. Il prezzo dello zafferano puro in stimmi varia tra i 18 e i 40 euro al grammo. Il nostro si apprezza intorno ai 30 euro”.

Il ciclo di produzione dello zafferano è abbastanza delicato. Avevate già competenze nell’ambito della coltivazione o siete partiti da zero?

“Non avevamo nessuna preparazione nel settore: mossi dall’entusiasmo abbiamo ricercato i bulbi e chiesto ai vari fornitori di illustrarci le tecniche di coltivazione e successiva lavorazione. Sulla base di queste indicazioni abbiamo iniziato a sperimentare le prime tecniche di coltivazione e lavorazione, registrando con metodo ogni variazione. I campioni ricavati da queste differenziazioni vengono confutati con delle analisi di laboratorio, al fine di valutare i valori di crocina, safranale e picrocrocina, elementi essenziali per stabilire la qualità del prodotto”.

La pianta dello zafferano non ha bisogno di particolari cure ma tutto il ciclo di lavorazione è parecchio delicato. Quali sono i rischi a cui si va incontro in termini di qualità del prodotto?

“Lo zafferano non ha bisogno di particolari cure e interventi nell’intervallo di tempo che a seguito dalla messa a dimora si conclude con la fioritura. Le azioni successive sono invece estremamente delicate (raccolta, pulitura e essiccazione). Tra fine ottobre e inizio novembre si hanno generalmente i primi fiori: da quel momento, e per almeno venti giorni consecutivi, bisogna raccogliere i fiori alle prime luci del mattino prima che si schiudano. I motivi sono due: evitare che ci siano contaminazioni dall’esterno e di esporre gli stimmi alla luce solare. La fase dell’essiccazione è delicatissima perché lo zafferano è termosensibile: un’essiccazione a una temperatura eccessiva o per un tempo prolungato, provocherebbe un decadimento esponenziale dei valori qualitativi del prodotto. Dopo varie prove noi siamo riusciti a trovare quell’equilibrio che ci permette di ottenere un prodotto di eccellenza”.

Per una comunità come Raccuja trovare un’idea imprenditoriale da realizzare sul territorio non è semplice. La vostra scommessa col mercato dello zafferano ha mai avuto tentennamenti? Siete degli ottimisti o avete qualche asso nella manica?

“Sicuramente durante il percorso diverse volte ci siamo posti delle domande sulla realizzabilità del progetto, probabilmente siamo stati avvantaggiati dal fatto che ognuno di noi ha già un impiego proprio. Abbiamo nutrito sempre una grande speranza nell’idea dello zafferano avendo un impatto ottimistico e spensierato, senza mai perdere di vista il concetto organizzativo e metodologico proprio di un’azienda. Ci siamo detti che indipendentemente dal tempo necessario saremmo riusciti a realizzare il nostro sogno e, perché no, magari creare un’eccellenza caratteristica del nostro territorio dando slancio all’economia e nuove opportunità ai nostri giovani”.

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