Slow Food, perché dà fastidio la Condotta dei Nebrodi?

di Salvo Lapietra
28/11/2014

La proposta di creare una nuova condotta di Slow Food in Sicilia e in particolare sui Nebrodi sembra avere creato scompiglio. L’idea di un gruppo di cittadini di contribuire a far crescere la cultura agricola e enogastronomica del territorio grazie a una nuova struttura della grande associazione nazionale viene fatta passare come un atto “criminale” e ostile, quasi vi fosse il terribile reato di lesa maestà. Insomma rischia di essere sprecata quella che poteva essere l’occasione per avviare un dibattito, un confronto sulle reali possibilità dei prodotti dei Nebrodi, sulle potenzialità inespresse di alcune aree, su un sistema di offerta che va ripensato e ricalibrato. C’è un comitato di cittadini che vuole una nuova condotta, che vuole contribuire a far crescere il sistema Slow Food, che vuole fare più grande e più forte l’associazione e a leggere le linee guida è perfettamente in linea con il pensiero del grande Carlin Petrini e di altri autorevoli esponenti di questo mondo. Ecco perché ci si chiede, molto sommessamente, a chi può dare fastidio? Quali sono gli interessi da tutelare? Perché i Nebrodi non possono avere una loro condotta autonoma che riporti già nella sua intestazione il nome di un territorio che è un brand riconosciuto, che si sta organizzando, che vuole uscire dalla marginalità?
Per anni questa zona è stata terra di conquista di politicanti, affaristi, speculatori: sono venuti qui a prendersi i meglio a poco prezzo lasciandosi dietro solo macerie, povertà, assistenzialismo. Sono esperienze del passato che i paesi dei Nebrodi non vogliono ripetere. E non le vogliono ripetere in settori in cui la legalità, il rispetto per la natura, gli investimenti su una filiera agricola sana, il sistema enogastronomico, il turismo ambientale e marittimo, i beni culturali sono elementi di un sistema sociale che può darsi un’organizzazione, che può diventare sistema forte, che può puntare a modernizzarsi qualificando la scuola, la formazione professionale, la qualità dell’imprenditoria locale. Ecco perché la costituzione di questo comitato, con o senza Slow Food (che non è l’unica associazione in Italia a fare le cose che fa) rappresenta un passo in avanti che fin qui gli amministratori, la politica, coloro che vorrebbero costruire una governance di quest’area non hanno colto.

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