Storia di Nino, il postino in pensione che fa i presepi con le tegoline di canna

di Redazione
09/02/2017

«Sono nato 69 anni fa a Galati Mamertino, un paesino di circa 3000 abitanti nel Parco dei Nebrodi, in provincia di Messina, a 30 chilometri da Sinagra, dove risiedo da 28 anni. Ho frequentato la scuola fino alla terza media. Dalla terza elementare in poi la mattina ero a scuola e il pomeriggio al lavoro come apprendista barbiere.
Come puoi immaginare Vincenzo provengo da una famiglia umile ma dignitosa, mio padre faceva il bracciante, nei primi anni 60 emigrò in Germania, mia madre invece era casalinga, la buona massaia che ha tirato su quattro figli.
Da ragazzino il tempo scorreva piacevole e veloce. Ricordo con piacere le sere d’inverno in cui con mia madre si andava a casa dei nonni paterni e tutta la famiglia se ne stava seduta attorno alla conca (braciere) aspettando che il nonno si apprestasse a raccontarci “u cuntu”.
A 18 anni, mentre continuavo a lavorare dal barbiere, faccio il concorso per portalettere, dopo di che vengo chiamato per il servizio militare e durante la leva mio padre trasferisce tutta la famiglia in Germania. Finito il militare lavoro anche io per due anni in una fabbrica chimica tedesca. Ricordo come se fosse allora che mia madre, appena messo il piede in casa in Germania, mi disse: “Vedi, figlio mio, siamo dovuti venire in Germania per conoscere la lavabiancheria.” Non saprei dire bene perché, ma la cosa mi colpì profondamente.
Si lavorava duro ma si cominciava anche a conoscere un po’ di benessere. Nel 1969 mi arriva la chiamata di assunzione alle Poste e vado per un anno a Milano, poi da lì vengo destinato a Barcellona P. G. dove rimango 14 anni e dove nascono i miei tre splendidi figli. Trasferito ad Ucria, un paesino di poco più di mille abitanti sempre nel parco dei Nebrodi, ci rimango fino alla pensione, nel 2001.
Il lavoro di postino mi ha affascinato sin dal primo momento, tanto è vero che  non ho mai voluto fare nessun concorso interno per fare carriera e magari chiudermi in un ufficio.
Il rapporto che il postino crea con la comunità in cui vive è meraviglioso, si conosce tutto di tutti. In particolare nei piccoli paesini il postino è un po’ come un confessore: c’è la signora che deve portare avanti la famiglia e ti dice che se arriva un vaglia bisogna  darglielo di nascosto dal marito, perché quello magari  li spende al gioco e/o a bere e c’è il marito che vuole consegnata la bolletta del telefono di nascosto per celare qualche marachella. Ricordo che quando arrivavano i soldi avevo l’abitudine di chiamare da giù e dire “signora, scendi che ti porto un bacetto”. Vincenzo, mi devi credere, l’usanza si era a tal punto diffusa che quando le signore mi sentivano arrivare si affacciavano dal balcone: “Nino, mi hai portato un bacetto?”
Adesso che sono pensionato quando mi chiedono che lavoro facevo rispondo sempre “niente!”. Questo penso venga dalla mia passione politica, avendo, da ragazzo, militato nelle fila del P.C.I. e poi sempre a sinistra, almeno finché la sinistra c’è stata.
Sono stato consigliere comunale di opposizione a Galati, assessore ad Ucria e, ora sono capogruppo di maggioranza sempre in consiglio comunale a Sinagra, dove mi onoro di avere un Sindaco donna, cosa rara dalle nostre parti.
Ah scusate, ancora non vi ho detto perché rispondo “niente”: il fatto è che la mia cultura politica mi ha portato sempre a difendere i più deboli e quando penso a chi lavora nella fabbrica, in agricoltura o nell’edilizia mi dico che il mio lavoro rispetto al loro è stato un divertimento.
Arrivata la pensione non potevo starmene certo con le mani in mano, dovevo inventarmi qualcosa da fare per non atrofizzarmi, e qui mi ha aiutato il fatto che fin da bambino sono stato un grande appassionato di presepi. Ricordo che quando la mia nonna materna, nel periodo di Natale, mi dava 5 o 10 lire, invece di comprarmi le caramelle come tutti le raccoglievo e compravo le statuine e facevo un presepe con un po’ di muschio sopra una cassapanca. Si, direi che è stato così che da pensionato mi sono messo in testa di fare un presepe con un materiale a mia conoscenza mai usato da nessuno prima di me. 
La lucina giusta mi si è accesa nella testa quando ho pensato che un pezzettino di canna da fiume, spaccata a metà, assume una forma di una tegolina, e così mi sono messo all’opera e ho cominciato a fare piccoli presepi. Man mano che acquistavo manualità, ho cominciato a fare quadri, cornici, portaoggetti e a riprodurre monumenti. In un certo senso il mio è un hobby più che un lavoro, perché mi coinvolge tanto e mi gratifica al massimo.
Ecco, caro Vincenzo, la mia piccola storia è questa, vivo la mia terza età in maniera serena e tranquilla, mi sento sempre impegnato e dedico il mio tempo alla mia meravigliosa famiglia, ai miei 7 splendidi nipotini, all’attività politica e alle miniature con le canne. Secondo me non è poco, o mi sbaglio?»

 

No, non ti sbagli caro Nino, e ti dico la verità sono particolarmente contento di aver raccontato la tua storia di quasi 70enne giusto dopo quella di Giosuè, 18enne di Patti, che se io in neanche due settimane nei Nebrodi ho incontrato così tante storie di lavoro ben fatto vuol dire che questa idea che ce n’è tanta di Italia così e che bisogna solo raccontarla non è per nulla campata in aria.
Sì, io dico che ce la faremo, e intanto aggiungo la voce Nebrodi alla mia collana di racconti delle comunità italiana a partire dal lavoro fatto con passione e destrezza che poi è solo un altro modo di dire che il lavoro ha senso solo se lo fai con la testa, con le mani e con il cuore, proprio come hai fatto e fai tu, con le lettere, le bollette e i vaglia, con la politica e con l’arte presepiale.

 

PS: la storia è tratta dal blog che Vincenzo Moretti tiene sulla piattaforma del Sole 24Ore  http://vincenzomoretti.nova100.ilsole24ore.com ed è talmente bella che non potevamo non copiarla.

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