Tortorici, in festa per San Sebastiano

di Redazione
20/01/2017

Tortorici – Il giorno della festa di San Sebastiano, tanto atteso e amato, è arrivato. La devozione che i tortoriciani hanno per il loro Santo Patrono è tanta e questo evento rappresenta uno di quei momenti in cui l’intera comunità oricense si riunisce all’unisono al grido “viva San Mmastianu”.
Le origini della festa di Tortorici si fanno risalire all’episodio del “diluviu”, riferito alla disastrosa alluvione che nel 1682 devastò il paese. La tradizione, racconta, che durante questa tempesta la campana maggiore della chiesa di Santa Maria precipitò con tutto il campanile e fu trascinata dalla corrente scomparendo nel fango. Qualche tempo dopo in paese arrivarono due pellegrini che a Roma, dove San Sebastiano era stato martirizzato e sepolto, avevano rubato due reliquie del martire. Quando i due malfattori cercarono di allontanarsi da Tortorici, arrivati al fiume Calagni, furono impediti nel cammino da una forza misteriosa. I due, allora, confessarono alla gente accorsa di avere addosso le reliquie di San Sebastiano, nel greto del Torrente si aprì una voragine ed apparve la grande campana scomparsa. Da quel momento San Sebastiano divenne il Santo Patrono di Tortorici.
Quest’anno nel vivo della festa si è entrati la scorsa domenica, 14 gennaio, con “A Bula” una lunga fiaccolata alimentata con centinaia di mazzetti di ampelodesmos, che partendo da piazza Duomo percorre le vie del paese, una volta raggiunta nuovamente piazza Duomo i giovani più valorosi, in segno di purificazione, saltano tra le alte fiamme del focolaio.
Lunedì, 15 gennaio, si è svolta la processione “du Ddauru”. Dove i devoti hanno portato in processione lunghi rami dell’albero sacro “a Sam Mastianuzzu” o di “darifogghiu”, rami di alloro o agrifoglio; dando vita lungo le vie del paese ad un improvvisato bosco magico, nel quale si ascoltano le note dei ciaramiddari. L’alloro ricorda il bosco di alloro sacro ad Adone dove San Sebastiano, legato nudo ad un albero, è bersaglio delle frecce dei feroci arcieri della Mauritania.
Mercoledì, 18 gennaio, si sono svolte la tradizionale “Fuitina da vara” dove il fercolo del Santo viene condotto alla centralissima chiesa del Santissimo Salvatore, rievocando il furto perpetrato nei secoli scorsi delle reliquie del Santo Martire; “A Prova” con l’esposizione del simulacro di San Sebastiano all’altare maggiore e la benedizione e distribuzione dei piccoli pani di San Sebastiano detti “Panitti”.
Il 20 gennaio, è il gran giorno, il giorno tanto atteso da tutti. I devoti che hanno un voto da sciogliere, vanno nudi al Santo. Infatti gli uomini in segno di penitenza vestono di bianco con camicia e pantalone, un fazzoletto piegato a triangolo al cinto e a piedi nudi. Le donne, a piedi nudi, indossano camice e gonne bianche, un fazzoletto copre la testa e precedono e seguono, nella processione o nella questua, il Santo. Il rito religioso ha luogo nella chiesa di Santa Maria Assunta, dove si celebra una secolare tradizione che prende il nome di “Senato”, dove i Giurati nel ‘600, i Senatori nel ‘700 e i Sindaci dal ‘800 in poi, preceduti dai mazzieri si recavano in chiesa consegnando, in segno di omaggio al Santo, le chiavi della Città. Sarà il sindaco Carmelo Rizzo Nervo, quindi, continuando la tradizione preceduto dai mazzieri a consegnare in segno di omaggio a San Sebastiano le chiavi della Città.
A mezzogiorno inizierà la Processione per le vie della cittadina nebroidea. La “Vara”, portata in spalla solo dai nudi, vedrà come prima tappa il fiume Calagni dove sosterà per l’invocazione della grazia. In questo rito San Sebastiano viene invocato per scongiurare i danni, che il fiume potrebbe provocare. Dopo la sosta nel fiume Calagni inizia la “Questua”, il Santo viene portato per le vie del paese e rientrerà in serata nella Chiesa di S. Nicolò, dove rimarrà fino all’ottava. Per l’ottava, il 29 gennaio, San Sebastiano sarà riportato in processione.
Anche Maniace festeggia San Sebastiano. Patrono del paese nebroideo da quando nel 1937 i contadini tortoriciani che si erano stabiliti li decisero di introdurre la festa con le stesse usanze e riti del loro paese d’origine. Quest’anno ricorre l’ottantesimo anniversario dell’istituzione della festa.
La festa, ancora oggi, si celebra con le stesse usanze e riti di un tempo. La domenica che precede il 20 gennaio si celebra “U Dauru”, dove i rami di alloro e di agrifoglio addobbati con fiocchi rossi e immagini del Santo vengono portati in processione dalla chiesa di San Sebastiano alla Chiesa di Santa Maria di Maniace, situata all’interno del castello Nelson, accompagnati dal suono delle “ciaramedde”.
Il giorno prima della festa si compie la processione “da Vara”. La vara del Santo, accompagnata dai devoti con le torce e dal suono delle “ciaramedde”, viene portata in processione dalla chiesa di San Sebastiano Martire fino alla chiesa all’interno del castello dove dopo la recita dei Vespri avviene la benedizione dei “Voti” e dei “Panuzzi”, che vengono distribuiti ai presenti.
Il 20 gennaio, il giorno della festa i “Nuri”, uomini e donne vestiti di bianco, si riuniscono prima della celebrazione religiosa nella chiesa di Santa Maria di Maniace per compiere la processione dell’offerta “da cira” offrono ceri, vitelli e doni al Santo. Dopo la celebrazione religiosa, prima della processione, c’è la “Fuitina”, corsa che i “Nuri” con il Santo a spalla compiono per tre volte lungo le navate della chiesa benedettina; seguendo la disposizione a croce latina della chiesa. Prima di iniziare la processione lungo le varie contrade del paese vengono compiuti tre giri attorno la croce celtica posta al centro del cortile del castello Nelson, accompagnati da un unico e commovente grido: “Grazie a Dio e a San Mmastianu Grazie! E ccu chiù beni ci voli chiù forti lu chiama Grazie!”.
San Sebastiano in processione farà il giro di tutte le borgate, anche delle più lontane per chilometri e chilometri. Una processione, questa, che ricorda la diaspora a cui questa gente fu costretta, l’infinito peregrinare attraverso le montagne da Tortorici alla Ducea. La festa si concluderà con l’ottava dove la processione toccherà le contrate rimaste.

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