Tortorici, l’inesorabile declino della “Catania dei Nebrodi”

di Salvo Lapietra
17/02/2017

Tortorici – Lo chiamavano la Catania dei Nebrodi. Con un certo orgoglio Tortorici era un paese invidiato e apprezzato in tutta l’area. Un punto di riferimento per i commerci, per la cultura, per la politica. E oggi fa una certa malinconia pensare a quel mondo che non c’è più: si è praticamente dissolto. Bastava andare lì il sabato, giorno di mercato, per farsi un’idea: c’erano i protagonisti di un’economia che allora, fino agli anni Ottanta, sembrava forte e resistente a tutte le intemperie. Non resta più nulla. Oggi che Tortorici (secondo i dati Istat aggiornati a settembre dell’anno scorso) ha a malapena 6.333 abitanti con un calo del 5,7% rispetto ai 6.716 abitanti del 2011 e un crollo del 14,7% rispetto ai 7.425 abitanti del 2002: in totale nemmeno un minuscolo quartiere di Catania. Inutile fare raffronti con gli anni Novanta oppure, addirittura, Ottanta perché la debacle diventerebbe plasticamente evidente e dolorosa.

Così al dissesto finanziario del Comune, alle indagini della magistratura, ai dipendenti che non percepiscono lo stipendio ormai da 10 mesi e sono riuniti in assemblea permanente al Comune, si aggiunge il trasferimento della sezione distaccata dell’Istituto tecnico Giuseppe Tomasi di Lampedusa di Sant’Agata di Militello, unica istituzione scolastica di istruzione superiore presente nel centro montano dei Nebrodi. Ed è solo l’ultimo colpo per un paese già ferito a morte per la presenza diventa ormai storica di organizzazioni criminali che hanno provato in tutti i modi a depauperare un territorio già fragile oltre ad aver contribuito a diffondere una nomea che certo non giova.

Perché Tortorici, con le sue 72 frazioni quasi tutte ormai deserte, il suo vasto territorio che arriva nel cuore dei Nebrodi è fatto da tantissimi cittadini onesti che non si sono mai rassegnati e rivendicano, con orgoglio, di abitare in quella che un tempo era chiamata la “Valle dell’ingegno”.  Qui non c’è un piano regolatore, che è arrivato più volte in consiglio ma non ha mai avuto un via libera definitivo. E un territorio senza governo manifesta tutte le sue fragilità. “Noi come associazione giovani oricensi – dice Yuri Paterniti – organizziamo “Nte vaneddi i Turturici è Arte”, una manifestazione che ha tra gli scopi quello di valorizzare le antiche vanedde, ma ogni anno ci accorgiamo che il centro storico è abbandonato. Ci sono rischi di crolli. Turismo è sicuramente una grande risorsa ma si dovrebbe fare di più. Abbiamo per esempio il Museo della fotografia che è il secondo in tutta Italia: solo una parte della raccolta è fruibile. Sono venuti dalla Alinari a vedere. Serve la volontà politica e serve un piano marketing per far conoscere le cose buone che qui ci sono. La mafia? Io sono della generazione ‘87 quando qui si sparava ero piccolino. Nel 2009 abbiamo fondato un’associazione e qui abbiamo ospitato tra gli altri l’ex sostituto procuratore D’Anna che si era occupato a fodno delle indagini sulla mafia dei Nebrodi. Il tutto per lanciare u segnale: noi l’antimafia la pratichiamo stando sul territorio facendo cose normali. Quando facciamo cose così però nessuno ne parla. E’ come se ci fosse un disegno: come se dovessimo rimanere marchiati a vita. Chi resta vuole risposte ed è la buona politica doverle dare”.
Intanto arrivano solo segnali negativi. La soppressione della sezione distaccata dell’Istituto tecnico è soltanto l’ultimo colpo inferto a una comunità “Oggi mortificata e costretta a subire l’ennesima spoliazione – scrivono in un comunicato stampa i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil (Biagio Oriti, Basilio Caruso, Nunzio Musca) -. Un danno enorme al già compromesso sistema economico. L’importante istituzione porta movimento e produce economia, per la presenza del personale scolastico e degli alunni, che ogni giorno arrivano anche da fuori. Gli studenti del posto rimangono nel loro paese e spendono i soldi nelle attività del luogo. Inoltre, costringere i ragazzi a raggiungere Sant’Agata, oltre ai maggiori e significativi costi che dovranno sostenere le famiglie, farà aumentare i rischi determinati dalla percorrenza del tragitto, con l’aggiunta di altri disagi, perché gli scolari sottrarranno oltre due ore al giorno da dedicare al viaggio. Con la scuola sul posto, i giovani – molti dei quali peraltro, provenendo dalle contrade, affrontano già un viaggio – potrebbero recuperare qualche ora di sonno la mattina e avere a disposizione più tempo da destinare allo studio e al tempo libero di pomeriggio”.  E i sindacati mettono ancora una volta sotto accusa il Comune che ha dimostrato in questi anni di non saper essere motore e guida della comunità: “Mentre si consuma un dramma sociale ed economico enorme, ad impressionare è il silenzio tombale del Comune il quale, qualora tale scelta fosse dipesa solo da ragioni economiche inerenti il canone pagato dalla ex Provincia, avrebbe potuto individuare altri locali, anche di proprietà o, in alternativa, compartecipare alla spesa”.

Servono idee per ripartire. Ci provano i cittadini (la gran parte giovani) impegnati nel movimento politico Prima Tortorici: “Il punto è come ripartire – scrivono sul blog -. Non sarà facile. Però, dopo che ognuno, sulla scorta delle proprie visioni, avrà preso le sue decisioni personali e fatto la scelta di restare e non andare via, dovrà per forza di cose assumersi le proprie responsabilità. Magari iniziando con un esame di coscienza che lo illumini, per capire che la strada maestra sta nel ritrovare il senso di comunità e di appartenenza e non nei personalismi e nelle divisioni. Capire che l’egoismo e l’individualismo rappresentano il virus che ci ha infettato. Non lo è e non sarà facile uscire dagli opportunismi in cui abbiamo vissuto in tutti questi anni, ma sarà necessario se si vuole ricominciare. Intanto, se lo vogliamo, possiamo farlo anche subito, manifestando e chiedendo a gran voce di mettere fine a questa agonia. I presupposti ci sono, le scintille pure, il vaso è già traboccato, manca solo il coraggio e l’unità, di cui si incominciano a intravedere dei segnali, come la manifestazione di sabato 11 febbraio, alla quale l’amministrazione comunale farebbe bene a non rimanere indifferente di fronte a quella protesta, che come un’onda potrebbe crescere ancora e diventare uno tsunami. Una giornata decisamente importante e da incorniciare, perché dimostra che a Tortorici c’è chi ha ancora la voglia di reagire”.

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