Un’alleanza tra cittadini per lo sviluppo dei Nebrodi. Dal basso

di Salvo Lapietra
01/11/2014

Cosa sono i Nebrodi? Una catena montuosa, seppur piccola, condannata alla povertà e alla subalternità? Oppure un territorio che può ben aspirare a diventare un’area vasta ed essere inserito in meccanismi di sviluppo che l’Unione europea auspica? Sono domande che vanno poste alla classe politica locale che appare sempre più spesso impegnata a difendere l’esistente piuttosto che pensare al futuro di un territorio da sempre ai margini dei grandi processi di sviluppo.

Sembra, negli ultimi tempi, che tutto possa essere ricondotto al Parco dei Nebrodi destinato a diventare struttura sempre più elefantiaca che poco o nulla ha a che fare con il suo obiettivo primario: difendere il territorio dall’assalto famelico degli speculatori e fare dello sviluppo sostenibile un motore per la crescita di questo territorio. Il Parco può certamente essere un comprimario nella governance dell’area ma certamente non può aspirare a diventare una sorta di piccola provincia, riproponendo modelli che in tutti i modi si cerca di superare. I comuni, così come è stato fatto con l’iniziativa dell’albergo diffuso, devo cercare nuovi modi di mettersi insieme per trovare una via corretta che porti allo sviluppo e faccia da diga allo spopolamento, alla desertificazione.
Fin qui è bastata una politica esistenzialistica e parassitaria per alimentare meccanismi di sussistenza. Una politica che non è più sostenibile né adeguata ai tempi. Eppure, curiosando in Rete, si può scorgere il fallimento di tutti gli strumenti di modernizzazione e di miglioramento della qualità della vita dei cittadini di quest’area. Si prenda l’e-government, che certamente è uno strumento di trasparenza e può fornire servizi ai cittadini. I siti, che dovevano essere portali, sono lì a dimostrare il fallimento e lo spreco di denaro pubblico. O si prendano anche certe iniziative in settori chiave dell’economia del luogo che possono rappresentare grande occasione di business: l’agricoltura e l’agroalimentare sono ridotti a campo di conquista. Così come rischiano di diventare terreno fertile per la speculazione anche il turismo e la ristorazione di qualità. Perché non basta avere alle spalle solide e serie organizzazioni per essere certamente credibili. ma sono gli imprenditori locali, i cittadini, i giovani che devono prendere coscienza delle loro potenzialità, che devono far valere le loro ragioni. Che poi sono le ragioni di tutti. Respingendo la colonizzazione culturale.

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