Cosa vuole fare quel gran figlio di Putin dopo aver invaso l’Ucraina?

L’invasione russa in Ucraina è una tragedia che ci riguarda direttamente. Al primo posto, nella scala delle gravità, c’è ovviamente l’impatto sociale che riguarda le popolazioni locali. C’è poi un drammatico effetto domino che di fatto si riverbera sugli aspetti della vita quotidiana anche al di là dei confini. Ecco perché tutto il mondo si interroga, in queste terribili ore di assoluta apprensione, su quali conseguenze potrebbero arrivare, di riflesso

Al momento le intenzioni di Vladimir Putin sono quelle di prendere Kiev. E poi? Il presidente russo ha esortato le sue truppe a rovesciare il governo di Volodymyr Zelensky e la “banda di drogati e neonazisti” (parole ovviamente sue) che detiene il potere in Ucraina. Ma gli obiettivi a medio e lungo termine del presidente russo restano difficili da decifrare. La priorità della campagna militare è quella di conquistare la capitale ucraina e insediare un governo non sgradito a Mosca, se non del tutto filorusso. Quasi tutti gli analisti concordano che una volta riuscito nel suo intento (ammesso che l’operazione si riveli un successo, cosa non scontata) Putin non abbia alcun interesse a restare in Ucraina, un territorio che difficilmente potrebbe controllare vista anche l’ostilità della popolazione nei confronti dell’occupazione russa.

L’obiettivo minimo è invece quello di ottenere la neutralità del Paese (che rientrerebbe però di fatto nell’orbita russa) e impedire grazie a un governo amico l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Secondo diversi esperti di geopolitica, il presidente russo non avrebbe dunque alcuna velleità di invadere permanentemente l’Ucraina, ma potrebbe “accontentarsi” di annettere alla Russia parte del territorio del Donbass, inclusi i due territori che si sono autoproclamati repubbliche e sono stati riconosciuti da Mosca.

Indubbiamente un’operazione di questo genere riscriverebbe non solo la cartina dell’Europa, ma anche i rapporti di forza tra gli Stati. Per Putin sarebbe la riprova che usare la forza serve e che l’Occidente e la Nato non hanno né la volontà né il coraggio di rispondere alle sue offensive con le armi. La Russia ha un arsenale atomico, e far escalare troppo il conflitto potrebbe essere pericolosissimo.

L‘escalation delle ultime ore preoccupa soprattutto i Paesi baltici e scandinavi che si sentono minacciati dall’aggressività di Putin. E del resto a Mosca non fanno nulla per calmare le acque. Secondo vari osservatori Putin potrebbe in particolare avanzare rivendicazioni nei confronti dei paesi Baltici dell’ex blocco sovietico, vale a dire Estonia, Lettonia e Lituania, usando come pretesto il presunto diritto della Russia di non avere al confine Stati aderenti alla Nato e quello di riunificare le minoranze russofone che vivono nei Paesi dell’ex Urss. Nei fatti dunque Putin punterebbe ad avere di nuovo una sfera di influenza nei Paesi dell’Europa orientale scommettendo sul fatto che l’Europa non reagirà.

Per ora sono solo supposizioni. E del resto va anche detto che attaccare un Paese membro della Nato comporterebbe conseguenze difficili da prevedere per la stessa Russia, perché i trattati dell’Alleanza affermano chiaramente che un attacco a un Paese membro è un attacco a tutti i Paesi membri. In un ipotetico scenario in cui il Cremlino avesse davvero intenzioni bellicose contro la stessa Europa, Putin potrebbe forse conquistare l’Estonia con più facilità di quanta non sta trovando in Ucraina, ma poi doversi confrontare con statunitensi, britannici, francesi e tedeschi non sarebbe altrettanto semplice, questo è chiaro. Ma in ogni caso visto quanto sta accadendo a Kiev gli Stati dell’ex Urss non sono proprio tranquilli. Tant’è che solo un paio di giorni fa Lituania, Estonia e Lettonia e Polonia hanno chiesto l’attivazione dell’articolo 4 della Nato ovvero la richiesta di consultazioni urgenti per una minaccia.

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Redazione