Dalla pandemia al rilancio: la rivoluzione gentile del sindaco di Oliveri

di Salvo Lapietra
04/05/2025

Oliveri ha meno di duemila anime, ma batte come un cuore grande. È un punto sulla carta geografica, certo, ma anche un punto fermo nella mappa di chi crede ancora nella politica come cura, nella comunità come forza, nella cultura come leva del cambiamento. Qui, dove l’isola sembra sospesa tra cielo e acqua, succede qualcosa che altrove sembra ormai impossibile: la fiducia non è scomparsa. Si è trasformata in movimento.

A guidare questo piccolo miracolo è Francesco Iarrera, un sindaco giovane e colto, con una scrittura elegante e una visione limpida. Lo si potrebbe definire un politico atipico, se non fosse che rappresenta, invece, quello che la politica dovrebbe tornare ad essere. Rieletto nel 2024 con un ampio consenso popolare, Iarrera ha ridato senso a parole spesso abusate: partecipazione, trasparenza, ascolto. E le ha incarnate con naturalezza, senza slogan, senza proclami.

Durante la pandemia, quando tutto sembrava fermo, ha scritto un libro. Non un gesto da intellettuale distante, ma una carezza collettiva: un diario umano, lucido, che ha raccontato la crisi sanitaria dal punto di vista di un sindaco vicino, presente, vulnerabile ma tenace. Quel testo oggi è memoria viva di una comunità che ha scelto di resistere insieme. E da lì in poi, il cammino non si è più arrestato.

Oliveri è diventata una fucina di iniziative: gemellaggi internazionali, premi istituzionali, progetti ambientali e culturali che hanno trasformato il borgo in un museo a cielo aperto. Murales, arte urbana, eventi civici: tutto concorre a disegnare un nuovo volto, ma anche una nuova anima. Non è solo estetica. È etica del vivere insieme.

Il vero tratto distintivo, però, è lo stile con cui tutto questo viene fatto. Ogni post di Iarrera sui social è un piccolo editoriale, mai scontato, mai strillato. Parla di Oliveri, ma abbraccia il mondo: l’attualità, la guerra, la scuola, l’energia, la memoria. Sempre con parole scelte, rispettose, che non dividono ma seminano pensiero.

È anche per questo che oggi Oliveri attrae. Giornalisti, turisti, curiosi: vogliono vedere questo luogo dove l’impegno politico ha ancora un volto umano. Dove un sindaco firma lettere a mano, spiega le delibere ai cittadini, si siede con i ragazzi a discutere del futuro. E dove i cittadini rispondono con fiducia. Con affetto. Con appartenenza.

Oliveri non è un’eccezione da esibire con meraviglia, ma un modello da osservare con attenzione. È la prova che, anche nei piccoli comuni, si possono coltivare visioni grandi. Che non serve una metropoli per far politica con dignità. Serve, piuttosto, passione. Competenza. Umiltà.

In un’Italia spesso raccontata attraverso le sue ferite, c’è bisogno di storie come questa. Non per chiudere gli occhi davanti ai problemi, ma per ricordarci che esistono anche le soluzioni. Che ci sono territori dove la bellezza non è solo paesaggio, ma progetto. Dove l’orgoglio di appartenere si traduce in voglia di migliorare.

Oliveri è Sicilia, sì. Ma è anche Italia. È la dimostrazione che la speranza può ancora indossare la fascia tricolore. E parlare con voce chiara, mano tesa, sguardo alto.

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