Galati Mamertino: Villa Margherita, una villa di fine Settecento ridotta a carcassa
C’è un giardino inghiottito dalle erbacce, il busto su un piedistallo che guarda nel vuoto, una facciata ferita dall’umidità e dai crolli. È Villa Margherita, a Galati Mamertino. Un tempo residenza signorile, oggi è un guscio vuoto: distrutta, vandalizzata, derubata. Basta guardare con attenzione la foto che pubblichiamo e che abbiamo ripreso dal profilo facebook Antonino Serio Tuttogalatimamertino
Non stiamo parlando di una casa qualsiasi. Le guide turistiche la presentano come Villino Margherita, residenza che fu un tempo della famiglia Marchiolo, costruita alla fine del Settecento, con annessa la chiesa di Santa Lucia e una torre in pietra. È indicata tra le “cose da vedere” a Galati Mamertino, accanto al centro storico, al castello, ai musei.
La realtà, però, è tutta nella foto che circola sui social: un bene storico in mano al degrado, patrimonio di tutti e responsabilità di nessuno.
Dal salotto buono degli eventi al simbolo dell’ipocrisia
Fino a pochi anni fa, Villa Margherita non era solo un ricordo nelle brochure. Era un luogo vivo.
- Nel 2017 la Pro Loco la sceglie come location per un “salotto letterario” con Cristiano Parafioriti e Nino Amadore.
- Nel 2018 ospita incontri del Festival del Giornalismo Enogastronomico, con concerti e percorsi sensoriali a cura di produttori e chef.
- Sempre nel 2018 qui si svolge una settimana di eventi dedicati al poeta Nino Ferraù, promossa dal Comune, fra musica, dibattiti e letteratura.
Insomma: quando serve una cornice suggestiva per un festival, una rassegna, una conferenza stampa, Villa Margherita torna improvvisamente a esistere, infilata in comunicati e locandine come “location d’eccellenza”. Poi, chiusa la serata inaugurale, si spegne la musica e torna l’abbandono.
È l’ipocrisia perfetta: celebrare il luogo simbolo per un giorno, ignorarne il crollo per il resto dell’anno.
Proprietà privata, interesse pubblico: il cortocircuito
Villa Margherita è di proprietà privata. Lo sappiamo. Ma è anche un bene storico, inserito nei percorsi turistici del territorio e utilizzato per eventi pubblici. E qui nasce il cortocircuito:
- Quando c’è da promuovere Galati Mamertino e i Nebrodi, la villa diventa “biglietto da visita”.
- Quando c’è da mettere mano alle crepe, ai tetti pericolanti, ai furti, alle incursioni dei vandali, allora improvvisamente è “cosa privata”.
La domanda è semplice: può un bene così restare ostaggio di questa ambiguità? È accettabile che un pezzo di memoria collettiva venga lasciato marcire perché il confine tra pubblico e privato diventa un comodo alibi per non fare nulla?
Quando la storia viene dimenticata
Intorno alla villa, negli ultimi anni, si sono mossi anche progetti positivi: i terreni a ridosso di Villa Margherita sono stati messi a disposizione per iniziative agricole con i grani antichi, guidate dagli anziani del paese. Segno che qualcuno, sul territorio, continua a crederci.
Ma la struttura resta lì, devastata. Murature spogliate, finestre sfondate, tracce di furti e razzie. E soprattutto silenzio.
Il punto non è solo estetico. Quando si abbandona un luogo come questo:
- si educa alla rassegnazione: “è normale che vada così”;
- si legittima il vandalismo: se nessuno lo difende, allora tutto è permesso;
- si spezza il filo della memoria: le generazioni che verranno non sapranno più cos’era, vedranno solo rovine indistinte.
Quando la storia viene dimenticata, il presente e il futuro non hanno più senso, perché non sanno da dove vengono.
Dov’erano – e dove sono – istituzioni e comunità?
Causticamente: se oggi Villa Margherita è in queste condizioni, non è “colpa del destino”.
- Dov’erano le istituzioni mentre il degrado avanzava? Possibile che nessuno abbia ritenuto urgente aprire un tavolo con la proprietà, i tecnici, la Soprintendenza, per capire quale margine esisteva per vincoli, progetti, bandi, convenzioni?
- Dov’è la comunità quando non c’è un palco, un microfono, una foto di rito? Perché sui social l’indignazione scatta, ma poi non si traduce in pressione costante sulle amministrazioni, in proposte, in campagne pubbliche?
- Dov’è la politica regionale, così prodiga di slogan su “borghi da salvare”, “ritorno ai paesi”, “turismo sostenibile”, quando un bene storico concreto – con nome, cognome e coordinate GPS – si sta sbriciolando?
Parliamo continuamente di “valorizzazione dei Nebrodi”, di “turismo esperienziale”, di “filiera corta tra cultura e territorio”. Poi ci troviamo davanti a un rudere che, a parole, dovrebbe essere un’icona di tutto questo.
Possibili strade (se davvero interessa salvarla)
Se davvero Villa Margherita non è solo un fondale per qualche evento, ci sono almeno tre strade da percorrere. Nessuna è semplice, ma tutte sono possibili se c’è volontà:
- Mappatura e trasparenza
- Stato di conservazione, vincoli esistenti, proprietà, rischi strutturali.
- Pubblicare dati, foto, relazioni tecniche. Sapere a che punto siamo è il primo passo per evitare che tutto scivoli nell’opacità.
- Accordo pubblico–privato
- Una convenzione che consenta interventi minimi di messa in sicurezza e, in prospettiva, un recupero parziale.
- In cambio, la villa potrebbe ospitare in modo stabile eventi culturali, un piccolo centro di documentazione sulla storia di Galati e dei Nebrodi, attività educative.
- Comunità vigile, non solo spettatrice
- Le foto come quella pubblicata da Nino Serio non devono essere un semplice sfogo, ma un punto di partenza.
- Petizioni, iniziative con le scuole, racconti degli anziani, raccolta di storie e immagini d’epoca: tutto ciò può tenere accesi i riflettori e togliere alibi all’inerzia.
Non un “caso locale”, ma un paradigma siciliano
La storia di Villa Margherita non è un episodio isolato. È il paradigma di una Sicilia che sa raccontare benissimo le sue bellezze, ma molto meno custodirle.
Si fanno piani strategici sul turismo, si organizzano festival, si scrivono bandi, ma poi ci si dimentica dei luoghi concreti dove tutto questo dovrebbe prendere forma. Il risultato è quello che si vede nella foto: un cartellone patinato che promette “Villino Margherita – cosa vedere a Galati Mamertino” e, dietro, un cumulo di incuria.
Se lasciamo marcire Villa Margherita, non perdiamo solo una villa. Perdiamo la credibilità di tutte le parole spese su “valorizzazione del territorio” e “sviluppo dei Nebrodi”.
O la smettiamo di usare questi luoghi come quinte teatrali per l’evento di turno, e li trattiamo come beni reali da salvare, oppure è meglio togliere il loro nome dalle brochure turistiche. Sarebbe almeno un gesto di onestà.