Mafia dei pascoli, dai furti all’uccisione degli animali. Ecco come operavano

di Redazione
18/02/2017

Furti, atti di vandalismo, danneggiamenti, fino all’uccisione di animali, come un maiale con il cui sangue sono vergate scritte di minacce, e la promessa della morte violenta. E’ l’escalation del gruppo legato a Cosa nostra di Catania, secondo l’inchiesta della Dda della Procura etna, nell’aggressione a tre proprietari terrieri dei Nebrodi per costringerli a vendere le loro terre, 120 ettari di bosco del Parco in territorio di Cesarò (Messina). Minacce che hanno portato, nei giorni scorsi, all’esecuzione di fermi nei confronti di nove indagati, eseguiti da carabinieri del Ros di Catania e del comando provinciale di Messina, che sono stati trasformati in ordinanza di custodia cautelare in carcere. Al centro dell’inchiesta il tentativo di aggirare il ‘Protocollo Antoci’ acquisendo terreni da privati, e non da Enti pubblici, che non sono sottoposti all’obbligo di presentare certificazione antimafia per ottenere fondi europei. Il gruppo aveva versato una caparra di 200 mila euro per acquistare un terreno, promettendo il versamento complessivo di 400mila euro, che avrebbero fruttato 50mila euro l’anno di Fondi Ue per l’agricoltura. E avrebbe ampliato la proprietà di uno degli arrestati, Giovanni Pruiti, 41 anni, considerato il capo del gruppo di Cesarò, che aveva fondi confinanti. Tra gli arrestati anche Salvatore Catania, detto ‘Turi’, di 55 anni, indicato come il capo di Cosa nostra, per conto della famiglia Santapaola-Ercolano, di Bronte, Maniace e Randazzo. Gli altri destinatari del provvedimento sono Roberto Calanni, di 37 anni, Giuseppe Corsaro, di 33, Antonino Galati Giordano, di 34, Luigi Galati Giordano, di 32, Salvo Germanà, di 41, Carmelo Lupica Cristo, di 62,e Carmelo Triscari Giacucco, di 44. Le indagini dei carabinieri sono state coordinate dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, e dal sostituto Antonino Fanara.

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