Mistretta: l’informazione, la propaganda e i continui attacchi a Nebrodinews

Se non fosse una cosa terribilmente seria ci sarebbe persino da ridere. Perché il documento diffuso ieri dall’amministrazione comunale di Mistretta che ci riguarda per certi aspetti è quasi esilarante. E la parte più divertente è quella in cui citano Papa Francesco che ormai, poverino, è diventato buono per tutte le occasioni. Citarlo fa bene allo spirito, commuove le massaie. Per carità un bel colpo ad effetto degno di una partitura fatta tutta di note stonate e buttate lì senza un ragionamento armonico e sereno.

E invece questa è una cosa terribilmente seria che va affrontata come merita. Perché riguarda i diritti: quello di essere informati e quello di informare. E ribadiamo informare non fare propaganda che è cosa diversa. Certo avere giornali che fanno da zerbino, dove potersi pulire i piedi e magari un giornalista come cameriere e tuttofare a casa è la grande aspirazione di molti amministratori e politici che magari rimpiangono il ministero della Cultura popolare, altrimenti detto MinCulPop, e vorrebbero si scrivesse quello che a loro fa comodo. Noi facciamo altro, non ci occupiamo di propaganda, per la promozione turistica ci sono gli esperti, per la promozione dell’immagine di un luogo ci sono gli esperti di marketing. Ne conosciamo di veramente bravi e con loro spesso litighiamo perché il loro mestiere li porta a fare ragionamenti che noi non condividiamo. Sono mestieri diversi, etiche diverse.
Fare cronaca significa occuparsi di quello che accade, documentarlo, sentire tutte le voci, fare in modo insomma che i cittadini capiscano quello che sta accadendo. E sentire, sempre, tutti. Ed è quello che abbiamo fatto in questi mesi, quasi pedissequamente: abbiamo provato a sentire tutti anche quando i rappresentanti dell’amministrazione ci hanno detto che con noi non avrebbero mai parlato e hanno continuato a non inviarci comunicati sulle tante cose belle che hanno fatto impedendoci così di scriverne. Non faremo qui l’elenco degli articoli che abbiamo pubblicato: chi vuole però può approfittare della banca dati del giornale. E non pubblicheremo nemmeno messaggi o altro che abbiamo già fatto avere a chi indaga. Perché non è cosa di oggi, né di ieri: è da tempo che ci arrivano sussurri, refoli e sorrisini. In un primo momento abbiamo pensato si trattasse solo di semplici espressioni di ira, poi abbiamo detto che erano farneticazioni di uomini in difficoltà, infine però abbiamo capito che forse era il caso di avvisare, di far presente, di comunicare. Come si suol dire in stretto dialetto siciliano “megghiu dire cusà ca si sapissi”: meglio dire chissà che se avessi saputo, potrebbe essere una traduzione molto improvvisata di una fase che rappresenta tutta la prudenza del siciliano medio, abituato agli abusi del potere e all’arroganza dei gabellieri.

Dunque qual è il nostro peccato: quello di esserci occupati dei problemi della gente, della vita politica di Mistretta, dei fatti insomma. Siamo gli unici? Non ci fa certo piacere. Vorremmo essere in compagnia di altri giornali, altri punti di vista, perché il pluralismo rende ricchi e la libertà aiuta una comunità a crescere. Vorremmo avere intorno a noi altri giornali che si occupano con lo stesso impegno di fatti che consideriamo un limite grave per la nostra comunità (e in questo caso parliamo di un’area intera non solo di un paese): il controllo mafioso del territorio, per esempio, è uno di questi. E si fa un bel dire, purtroppo ancora oggi, che la mafia sui Nebrodi non esiste: la mafia sui Nebrodi c’è sempre stata e continua a esserci, anzi semmai si è pure ingrassata e porta la cravatta. Ma questo è un altro discorso che ci porterebbe lontano. E noi invece vogliamo continuare a parlare di Mistretta perché è da lì che ci arrivano obiezioni: vorrei ricordare a tutti che quando hanno avuto la bontà di parlare con noi sono stati accolti a braccia aperte, senza pregiudizi, senza alcun astio. Semplicemente come si conviene tra persone civili.

C’è un’altra questione su cui è importante ragionare: l’obiettività. Abbiamo pubblicato qualche volta (quando se n’è presentata l’occasione) anche opinioni che non condividevamo. Lo abbiamo fatto perché la scelta sin dal primo momento è stata quella del grande giornalismo anglosassone: i fatti separati dalle opinioni. L’obiettività non è un dogma cui appendersi alla bisogna, come quel credente che cerca Dio solo quando è in punto di morte. L’obiettività è una pratica quotidiana di rispetto delle regole che attengono ai doveri di chi scrive ma anche di chi comunica o è tenuto a doveri di comunicazione e trasparenza. E ci fermiamo qui per non tediarvi. Con un impegno: continueremo a scrivere, come abbiamo sempre fatto. Nel rispetto di tutti e senza farci intimidire.

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Pubblicato da
Salvo Lapietra