Nebrodi, il bivio di un paese che rischia di svuotarsi

di Giovanni Doe
28/08/2025

C’è un piccolo paese della montagna siciliana – e potremmo dire, senza paura di sbagliare, decine di paesi dei Nebrodi – che oggi si trova a un bivio. Da un lato lo spopolamento: i giovani partono, gli anziani restano e le case si svuotano. Dall’altro un futuro che potrebbe costruirsi attorno a un modello di sviluppo diverso, sostenibile e moderno, capace di tenere insieme turismo, agricoltura, cultura e comunità. Il problema è che, a oggi, non è stato ancora scelto.

L’illusione del turismo senza visione

La parola magica che circola nelle discussioni locali è sempre la stessa: turismo. Ma il turismo non è una bacchetta magica. Non basta dire “facciamo turismo” perché improvvisamente arrivino visitatori. Serve un modello chiaro: cosa offrire, a chi rivolgersi, come comunicare l’identità del luogo. Serve una cultura dell’accoglienza, che non significa solo aprire un B&B o organizzare una sagra, ma costruire un’esperienza che renda quel paese riconoscibile e unico.

Oggi invece la classe dirigente, spesso espressione di una cultura clientelare che ricorda più gli anni Settanta che il presente, non sembra cogliere la portata della sfida. Si ragiona ancora in termini di piccoli favori, di pacche sulle spalle, di micro-interessi personali. Si confonde l’evento con la festa di piazza: si organizzano iniziative senza progettualità, senza visione, senza capire che un evento può essere motore di sviluppo se inserito in un disegno più ampio.

Il valore delle comunità e degli eventi autentici

Un evento non è un concerto improvvisato in piazza: è uno strumento per raccontare un territorio, per attrarre visitatori, per mettere in rete le risorse locali. Funziona se diventa appuntamento ricorrente, se si lega a un prodotto, a una storia, a un patrimonio. Funziona se attorno si costruisce un ecosistema: ristoratori, artigiani, aziende agricole, guide, operatori culturali.

E invece spesso ci si limita a spendere soldi pubblici senza generare valore. Non si comprende che il vero turismo oggi cerca autenticità: esperienze di comunità, cammini, enogastronomia di qualità, storie legate al paesaggio. I Nebrodi hanno queste carte in mano: paesaggi straordinari, prodotti unici, una cultura contadina che altrove viene imitata e venduta come “lusso lento”. Ma manca la capacità di fare sistema.

Un nuovo modello possibile

Il modello di sviluppo possibile per un paese dei Nebrodi passa da tre pilastri:

  1. Rigenerazione comunitaria: riportare al centro la comunità locale, ridare voce ai giovani, valorizzare le competenze che tornano dall’estero o dal Nord. Non è solo questione di investimenti, ma di fiducia.
  2. Turismo lento e sostenibile: non grandi numeri, ma esperienze di qualità. Cammini naturalistici, percorsi enogastronomici, turismo culturale legato a tradizioni autentiche.
  3. Eventi come infrastruttura sociale: non intrattenimento mordi-e-fuggi, ma appuntamenti pensati come piattaforme di racconto e promozione, capaci di attrarre media, investitori, visitatori.

Conclusione

Il tempo delle chiacchiere è finito. I paesi dei Nebrodi devono decidere se restare sospesi in un limbo, consumati dallo spopolamento e dall’inerzia, o se rischiare, investire, cambiare passo. Serve coraggio politico e capacità amministrativa, ma soprattutto serve un cambio di mentalità: passare dalla logica del favore a quella della visione.
Solo allora il turismo potrà diventare davvero una risorsa e non l’ennesima parola vuota.

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