Nebrodi, il paradosso del turismo che cresce ma non sviluppa il territorio
Sui Nebrodi il silenzio del mattino arriva prima dei visitatori. Poi, quando il sole sale dietro le faggete, cominciano a comparire gli escursionisti: zaini, scarponi, bici elettriche, famiglie in cerca di fresco. È un’immagine quasi paradossale se guardata accanto ai numeri: qui, nel cuore più verde della Sicilia, le presenze turistiche sono aumentate del 52% nell’ultimo decennio.
Numeri in controtendenza rispetto allo spopolamento, al calo del commercio e alla contrazione dell’offerta ricettiva.
Un paradosso: la domanda cresce, il territorio no. Se ne parlerà oggi a Palermo nell’ambito della IX edizione della BTE, la Borsa del Turismo extralberghiero di Confesercenti Sicilia.
Un territorio che perde abitanti ma guadagna visitatori
Secondo il CST Firenze, nei 28 comuni dell’area la popolazione è crollata del 9,3%. Le botteghe chiudono, i bar del paese fanno turni sempre più brevi, l’offerta ricettiva tradizionale – quella degli alberghi e dei piccoli B&B – si assottiglia.
Ma proprio mentre la vita quotidiana arretra, il turismo si allarga.
Arrivano sempre più persone attratte dalla natura intatta, dai sentieri del Parco, dai borghi che sembrano sospesi nel tempo. Arrivano soprattutto da vicino: weekend, gite giornaliere, trekking, cicloturismo. È un turismo coerente con l’anima del territorio, lento e discreto. Ma non basta.
Il paradosso: la domanda c’è, lo sviluppo no
Il punto è che i Nebrodi non riescono a trattenere ciò che attirano.
Non hanno collegamenti veloci, non hanno reti d’impresa strutturate, non hanno un prodotto turistico riconoscibile. Lo dicono i dati del CST: nessuno dei comuni dell’area supera la soglia dello “sviluppo regolare”.
In pratica: i turisti ci sono, ma il territorio non riesce a trasformarli in valore economico.
L’escursionista che arriva per un trekking spesso torna a casa la sera stessa. Chi dorme una notte, raramente ne fa due. I pacchetti di più giorni, quelli che fanno la differenza nelle destinazioni europee di montagna, qui sono quasi assenti.
Una ricettività che non fa sistema
Mentre le località costiere esplodono sotto il peso degli affitti brevi, nei Nebrodi l’extralberghiero cresce ma resta a macchia di leopardo. Tante strutture piccole, familiari, spesso isolate.
Nessuna rete forte, nessuna piattaforma comune, nessuna strategia condivisa.
Si sopravvive più che crescere. Si accoglie più che sviluppare.
E il risultato si vede: tanta domanda spontanea, quasi nessun beneficio collettivo.
La natura non basta: serve un progetto
Il paradosso dei Nebrodi è tutto qui: un territorio che potrebbe essere la capitale siciliana del turismo naturalistico – come la Corsica, come alcune zone della Catalogna – ma che vive ancora in una dimensione fragile, intermittente, poco strutturata.
Il potenziale è enorme:
– trekking e cammini,
– borghi e tradizioni,
– enogastronomia autentica,
– biodiversità unica in Sicilia.
Eppure manca ciò che trasforma un luogo in una destinazione: un progetto comune.
Un bivio che riguarda tutta la Sicilia
Guardare ai Nebrodi oggi significa guardare alla sfida più grande della Sicilia: non limitarsi ad attrarre turisti, ma trasformarli in un motore di benessere locale.
Se questo non avverrà, l’area continuerà a vivere un destino bifronte: piena nei weekend, vuota nei giorni feriali; viva nei boschi, spenta nei centri abitati; ricca di passaggi, povera di ritorni.
I Nebrodi stanno già dicendo una verità scomoda: la bellezza non basta.
Serve una strategia. Serve una rete. Serve una visione.
Perché un territorio che attira tutti, senza trattenere nessuno, rischia di restare solo. Anche con i sentieri pieni.