Reportage da Mistretta che sogna il suo carcere
MISTRETTA (ME) – A guardarla da lontano, la vecchia casa circondariale di Mistretta sembra una sentinella silenziosa del tempo che fu. Da quando ha chiuso nel 2014, l’ex carcere è rimasto lì, su quel costone che guarda i Nebrodi, tra il silenzio dei cedri e lo scirocco che taglia le giornate. È stato trasformato, per brevi stagioni, in spazio culturale: mostre, presepi, esposizioni. Poi di nuovo il vuoto.
Eppure, oggi si torna a parlare di carcere. Ma non più solo del vecchio edificio. Si parla – seriamente – di un nuovo istituto penitenziario moderno, da costruire ex novo. Un progetto concreto che ha riacceso le speranze di un territorio che soffre lo spopolamento e la marginalità istituzionale. Il nuovo carcere di Mistretta è più di un progetto edilizio. È il simbolo di un riscatto possibile. Ma serve il coraggio di decidere.
Il terreno c’è. Anche la volontà
Il Comune ha fatto il primo passo. Ha messo a disposizione un terreno di circa 100 mila metri quadrati, già urbanisticamente compatibile, accessibile dalla strada statale, in una zona isolata ma ben servita. “Una collocazione perfetta – dice il sindaco Liborio Sanzarello – che potrebbe ospitare una struttura moderna, funzionale, e creare occupazione per decine di famiglie”.
Il progetto, sostenuto da tempo anche dal già direttore del DAP, Santi Consolo, prevede un carcere a capienza limitata, pensato per la custodia cautelare, con possibilità di ampliamento progressivo. Una risposta realistica a due problemi: la crisi delle carceri sovraffollate in Sicilia e l’esigenza di rilanciare aree interne come quella di Mistretta.
Le resistenze di Roma
Ma da Roma arrivano freni. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha dichiarato di recente che “non è possibile costruire nuovi istituti in Italia, per ragioni legate a vincoli tecnici e ambientali”. Dichiarazioni definite “surreali” dall’europarlamentare del M5S Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi, che ha presentato un’interrogazione alla Commissione Europea.
“Il problema – ha detto Antoci – non sono i fondi. I soldi del PNRR ci sono. Il vero ostacolo è la mancanza di volontà politica”. E incalza: “Qui abbiamo un Comune che offre un terreno gratis, un progetto pronto, una comunità favorevole. Ma il governo fa finta di nulla”.
Una battaglia che coinvolge Bruxelles
Nel suo intervento, Antoci sottolinea come il tema carcerario rientri tra le priorità della strategia europea sui diritti umani e la giustizia penale. “È paradossale che, mentre si denunciano le condizioni di sovraffollamento a Palermo o Messina, si rifiuti un’offerta come quella di Mistretta. È una battaglia che porta in Europa la voce dei territori dimenticati”.
Anche la deputata Debora Serracchiani (PD), in Parlamento, ha rilanciato l’urgenza del progetto. Ma finora il Ministero non ha dato segnali ufficiali.
La comunità sta con il progetto
Nel borgo, l’idea di un nuovo carcere non fa paura. Al contrario. “Porterebbe lavoro, presenza dello Stato, servizi”, spiega Rosa, 62 anni, ex dipendente comunale. “Qui abbiamo bisogno di presìdi, non di vuoti”. E nei bar del centro, tra i pensionati e gli ex agenti della Polizia Penitenziaria in servizio fino al 2014, si parla di “occasione storica”.
Intanto, il sindaco rilancia: “Se non si vuole fare il nuovo istituto subito, si riattivi almeno il vecchio carcere, per situazioni d’urgenza o come presidio temporaneo. L’immobile è ancora in buone condizioni”.
Cosa c’è in gioco
Mistretta non chiede miracoli. Chiede attenzione istituzionale, un progetto concreto e risposte rapide. Un nuovo carcere qui non sarebbe solo un edificio, ma un segnale di presenza dello Stato, in un’area dove spesso lo Stato è stato solo parola.
Oggi la partita è tutta politica. E il tempo per decidere non è infinito: i fondi europei legati al PNRR hanno scadenze precise. Se non si agisce, la proposta cadrà nel vuoto. E con essa anche l’ultima, vera possibilità di invertire il destino di un’intera area.