Enti locali, la conseguenza del dissesto: tasse alle stelle e limiti per i creditori

di Redazione
07/02/2017

 

IL DISSESTO

Gli articoli che disciplinano le conseguenze del dissesto sono il 248 e seguenti.  Le prime conseguenze del dissesto riguardano i creditori. Viene infatti introdotto (art.248) il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti dell’ente e dichiarate estinte le procedure pendenti. Dalla data della deliberazione del dissesto le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate, non producono interessi né sono soggetti a rivalutazione automatica.

1)Non  possono essere  intraprese  o  proseguite  azioni  esecutive  nei   confronti dell’ente per i debiti che  rientrano  nella  competenza  dell’organo straordinario di liquidazione ( cioè i commissari). Le procedure esecutive  pendenti,  nelle  quali  sono  scaduti  i termini per l’opposizione giudiziale da parte dell’ente, o la  stessa  e’  stata  rigettata,  sono   dichiarate   estinte d’ufficio  dal  giudice.

2)I pignoramenti   eseguiti  dopo  la  deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l’ente ed il tesoriere, che possono disporre delle somme per i fini dell’ente

3) I  debiti insoluti e  le somme dovute  per  anticipazioni  di  cassa già erogate  non  producono  più  interessi  ne’  sono  soggetti  a rivalutazione monetaria.

L’articolo 249 pone il divieto di contrarre nuovi mutui, con eccezione di quelli previsti all’articolo 255, (a copertura della massa passiva) e dei mutui con oneri a totale carico dello Stato o delle regioni. L’ente non può impegnare per ciascun intervento somme superiori a quelle previste nel bilancio approvato ed i pagamenti in conto competenza sono in dodicesimi (art. 250), con l’obiettivo di non aggravare la situazione debitoria.

Passiamo alle imposte e alle aliquote, art. 251

1)aliquote e tariffe nella misura massima consentita

2)copertura integrale del servizio rifiuti con proventi tariffari

3)copertura del servizio acquedotto con proventi tariffari

4)copertura dei costi di gestione dei servizi a domanda individuale

Come si vede sia nel Piano di riequilibrio che con il dissesto il capitolo tariffe è identico. L’ente deve deliberare aliquote e tariffe nella misura massima consentita,così come per servizi produttivi e canoni patrimoniali. Resta fermo, (comma 4) il potere dell’ente di deliberare maggiorazioni, riduzioni e agevolazioni, nonché di deliberare la maggiora aliquota all’imposta sugli immobili. Per la tassa di smaltimento dei rifiuti gli enti dovranno applicare le misure tariffarie che assicurino la copertura integrale dei costi di gestione del servizio. Per il servizio acquedotto la copertura non deve essere inferiore all’80% mentre per i servizi a domanda individuale il costo di gestione deve essere garantito nella misura prevista dalla legge  non inferiore al 36% (50% per gli asili nido).

Passiamo poi al personale (art. 259- 260). L’ente ridetermina la dotazione organica dichiarando eccedente il personale in sovrannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti-popolazione. La spesa per il personale a tempo determinato deve essere ridotta a non oltre il 50% della spesa media sostenuta a tale titolo nell’ultimo triennio.

L’ Ente poi (art. 259) deve riorganizzare i servizi di acquisizione delle entrate per eliminare l’evasione e assicurare l’effettiva riscossione delle entrate. E’ tenuto a compiere una rivisitazione delle spese, procedendo alla riorganizzazione dei servizi con criteri di efficienza, eliminando sprechi e inefficienze e deve verificare la situazione economico-finanziaria degli enti partecipati e delle aziende speciali.

Per il risanamento dell’ente (art. 255) lo Stato finanzia gli oneri di un mutuo, assunto dai commissari in un’unica soluzione, ammortizzato in 20 anni con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero. L’importo viene calcolato tenendo conto di una quota per abitante.

I commi 5 e 5 bis dell’art. 248 infine riguardano gli amministratori che la Corte dei Conti ha riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver  contribuito con  condotte,  dolose  o  gravemente  colpose,  sia   omissive   che commissive, al verificarsi  del  dissesto. Il comma 5 prevede quindi che gli amministratori in questo caso sono incandidabili per 10 anni ad ogni livello (dalla circoscrizione al Parlamento europeo) e non possono ricoprire, sempre 10 anni, incarichi di assessore , revisore dei conti o rappresentante degli enti locali (quindi incarichi su nomina). Se riconosciuti responsabili di condotte dolose la Corte dei Conti irroga una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di 5 e fino ad un massimo di 20 volte  la  retribuzione  mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione. Il comma 5 bis interessa invece il collegio dei revisori. Anche in questo caso se la Corte dei Conti accerta gravi responsabilità gli interessati non potranno essere nominati per 10 anni nel collegio dei revisori degli enti locali. L’incartamento sarà inoltre trasmesso agli ordini di competenza per eventuali provvedimenti disciplinari. Prevista la sanzione pecuniaria pari ad un minimo di 5 e fino ad un massimo di 20 volte  la  retribuzione  mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione. Come già chiarito (vedi articolo correlato sulle leggende metropolitane) quanto previsto dall’art. 248 ai commi 5 e 5 bis non è automatico né scontato né immediato.

 

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