I piccoli imprenditori dei Nebrodi, un mondo in attesa di risposte

di Salvo Lapietra
03/11/2014

Sono imprenditori, anche se piccoli, e hanno spesso a condizione di grandi sacrifici creato aziende costruendo un’intera filiera. Eppure vengono trattati dal sistema locale (politica, amministrazioni, banche) come subalterni. Chiedono, spesso, solo servizi: strade, collegamenti efficienti, un marchio d’area che valorizzi la storia dei loro prodotti. Ricevono spesso in cambio ostilità, disprezzo, mortificazoione.  Sui Nebrodi c’è un’economia che simuove a prescindere da tutto e che è già andata oltre creando posti di lavoro veri, spesso nell’ambito del nucleo familiare, partendo da quello che già c’è: l’ambiente, l’agricoltura, i prodotti tipici. Hanno cercato e trovato mercati rispondendo a bisogni reali e ora avrebbero bisogno di crescere, di diventare adulti. Ma il sistema spesso non risponde o lo fa a tratti, in maniera discontinua. Forse perché non ha compreso fino in fondo la forza di queste centinaia o forse migliaia di microimprese. O forse perché ne ha compreso benissimo la portata ed è spaventato. E’ tutto qui quello che si può definire il paradosso dei Nebrodi: la gente è stata invitata per tanti anni ad abbandonare la sua storia, i suoi saperi, con il miraggio di una ricchezza che poteva arrivare dall’impiego pubblico. La crisi della finanza pubblica mostra oggi la fraglità di quel percorso. Ed ecco la rinascita di mestieri, di attività, nei settori del turismo e dell’agroalimentare. Mancano i numeri, purtroppo, per comprendere appieno il fenomeno e sarebbe necessario uno studio, una ricerca sul campo: magari uno dei tanti dipartimenti delle Università siciliane troverà il modo di approfondire il livello di questa grande trasformazione socio-economica che è in atto.  Qui c’è un mondo che aspetta solo di essee raccontato. Anche nell’industria: il distretto del tessile, che sembrava morto, è tornato appetibile per alcune griffe che trovano qui la qualità e l’affidabilità che non hanno trovato nei paesi dell’Est. Perché qui, in queste montagne, c’era una grande scuola di sartoria, di artigiani che hanno garantito eleganza e qualità a intere generazioni.

Da queste parti ci sono risorse in abbondanza per uno sviluppo moderno, sostenibile, non inquinante. Che aspettano solo di essere messe in sistema. Ma non ci sono reti, non c’è la fibra, in molti casi mancano aree dedicate all’insediamento artigianale, i piani regolatori dove esistono sono spesso pensati per favorire nuove costruzioni e non per incentivare il recupero degli edifici esistenti soprattutto nei centri storici. Solo spunti per un territorio che deve cominciare a pensare a se stesso in maniera diversa.

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