Mafia dei Nebrodi, in manette i fratelli Stanzù di Capizzi

di Salvo Lapietra
15/01/2018

Concorso esterno in associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni di proprietà di soggetti appartenenti a Cosa Nostra. Sono queste le accuse alla base dei sei ordini di custodia cautelare (due in carcere e quattro agli arresti domiciliari) eseguiti oggi nell’ambito dell’operazione Nibelunghi a Valguarnera Caropepe (in provincia di Enna) e a Capizzi (in provincia di Messina), a conclusione di articolate e complesse attività investigative, coordinate dal Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta ed eseguite congiuntamente dai Finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Caltanissetta e dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Enna.

La misura cautelare della custodia in carcere è stata emessa nei confronti di Gabriele Giacomo Stanzù, nato a Capizzi (ME) il 05 luglio 1960 (già detenuto per altra causa presso la casa Circondariale “Ucciardone” di Palermo) e del fratello Nicola Antonino, nato a Capizzi (ME) il 12 luglio 1977. La misura cautelare della custodia agli arresti domiciliari è stata emessa nei confronti di Carlotta Conti Mammanica, nata a Enna (EN) il 21 dicembre 1976 (moglie di  Nicola Antonino Stanzù);  Antonio Di Dio, nato a Nicosia (EN) il 15 agosto 1987;  Carlo D’Angelo, nato a Valguarnera Caropepe (EN) il 16 febbraio 1964;  Nunzia Conti Mammanica, nata a Piazza Armerina (EN) il 15 maggio 1975 (sorella di Carlotta, (moglie di Nicola Antonino Stanzù) e coniuge di Carlo D’Angelo).

Le indagini sono state effettuate seguendo il flusso patrimoniale di  Gabriele Giacomo Stanzù, soggetto già emerso in pregresse indagini per fatti di mafia tanto da aver riportato condanna definitiva per il delitto di cui all’art 418 c.p. (assistenza agli associati mafiosi) nell’ambito dell’attività di indagine, convenzionalmente denominata “Dioniso”, coordinata, negli anni 2004 2005, dalla Dda di Catania. Lo stesso è stato tratto in arresto, da ultimo, il 30 novembre 2011 per il delitto di omicidio in danno di Saffila Francesco e condannato in via definitiva alla pena di 14 anni di reclusione.

Le indagini,  scaturite dall’analisi delle dichiarazioni rese da numerosi collaboratori di giustizia, hanno fatto emergere, secondo gli investigatori, la contiguità di Gabriele Giacomo Stanzù  alla consorteria mafiosa denominata “Cosa Nostra”, in particolare ad elementi di spicco della malavita gelese tra cui  Daniele Emanuello (deceduto in un conflitto a fuoco in occasione della sua cattura nel 2007). In una seconda fase sono state monitorate le movimentazioni effettuate da Gabriele Giacomo Stanzù nei confronti di propri congiunti e conoscenti.

Dalle indagini sarebbero emerse operazioni finanziarie e patrimoniali mirate a schermare i beni e le aziende riconducibili all’indagato per scongiurare un’eventuale aggressione preventiva dei patrimoni. L’attività illecita ha permesso alla famiglia Stanzù, attraverso dei “prestanome”, di continuare a beneficiare dell’incameramento di aiuti comunitari. L’individuazione di tali flussi anomali di capitali e di patrimonio, dalla disponibilità di  Gabriele Stanzù  a quella dei soggetti oggi tratti in arresto, ha permesso nel luglio 2017 ai finanzieri del GICO di Caltanissetta ed ai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Enna di sequestrare beni per un valore superiore a 11 milioni di euro, consistente in terreni, fabbricati, autovetture e diversi conti correnti postali e bancari.

Le ulteriori attività investigative svolte, anche avvalendosi di attività tecniche, hanno corroborato la pericolosità sociale dello Stanzù e la connivenza dei soggetti oggi tratti in arresto. Tanto il fratello  Nicola Antonio Stanzù quanto gli altri soggetti indagati hanno continuato, infatti, a gestire il patrimonio in nome e per conto dello stesso  Gabriele Stanzù, attraverso trasferimenti fittizi di beni direttamente o indirettamente riconducibili a quest’ultimo. L’operazione odierna ha fatto inoltre emergere l’esistenza di concreti interessi della criminalità organizzata di stampo mafioso e/o di soggetti contigui ad essa nel settore dell’illecita acquisizione di aziende agricole e di appezzamenti di terreni utilizzati per la presentazione di domande finalizzate all’acquisizione dei contributi AGEA.

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