Nebrodi, il cambio di passo che la classe dirigente non vuole comprendere

di Salvo Lapietra
14/02/2015

La nascita dell’associazione TerraMare Nebrodi rappresenta per il territorio un punto di svolta storico. Per tanti motivi. Il primo: è forse la prima volta che un gruppo molto numeroso di cittadini e imprenditori si mette insieme in nome dello sviluppo del territorio e della crescita sociale ed economica. Non è un movimento politico e tanto basta a far gridare al miracolo: è un movimento di opinione che rappresenta una presa di coscienza su potenzialità e risorse di un’area da empre considerata terra di conquista da parte di questo e di quell’altro. Il programma di iniziative che l’associazione ha varato dimostra come l’obiettivo sia quello di far crescere anche culturalmente quest’area, di cercare gli strumenti giusti per valorizzare un marchio (Nebrodi) che già esiste ed è riconosciuto a livello internazionale.
Quello che non convince, in questa vicenda, è la totale indifferenza da parte deghli amministratori locali, da parte dei vertici di vari enti preposti allo sviluppo dei Nebrodi, da parte di vari esponenti politici che preferiscono continuare a dialogare con gli strumenti del passato. In fondo, questa, sembra essere la vera patologia di questa zona. Un’area che può contare in questo momento su diversi progetti innovativi e in qualche caso riconosciuti a livello internazionale ma che non riesce a superare i limiti di una faziosità politica che non trova alcun riscontro nella società. I cittadini, le imprese, i professionisti come dimostra la nascita dell’associazione di cui sopra chiedono progetti condivisi di medio-lungo periodo, chiedono il superamento della cultura clientelare e assistenzialistica, chiedono alla classe dirigente la modernizzazione. Perché la modernizzazione dei controlli, delle produzioni, dei sistemi di governo del territorio può portare ricchezza nella legalità superando vecchi sistemi, assunzioni fittizie in agricoltura, raggiri legati all’allevamento degli animali. Insomma tutti quei sistemi banditeschi che puntano al saccheggio del denaro pubbico a vantaggio di pochi e a danno di tutta la comunità. E’ questo il ragionamento da fare al di là di progetti che rischiano di rimanere effimere sfilate senza sostanza in assenza di un progetto e soprattutto in assenza di un coinvolgimento vero delle comunità. E’ legittimo avere aspirazioni politiche, puntare a una carica, chiedere poi ai cittadini di essere votati ma si deve pur avere a cuore l’interesse di tutti, il bene comune e la capacità di interpretare i nuovi bisogni. I Nebrodi sono stanchi di essere considerati mero peso passivo. I recenti dati della Cisl messinese che sottolineano la prevalenza del terziario in provincia di Messina e un ruolo quasi marginale dell’agricoltura sono una sconfitta perché sui Nebrodi, in quest’area, l’agricoltura, l’agroindustria, l’enogastronomia e il turismo devono essere e dovranno essere assi portanti.

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