Nebrodi, un territorio condannato alla marginalità per assenza di progetti

di Salvo Lapietra
22/03/2015

Nei giorni scorsi a Caltanissetta si è svolto un confronto tra rappresentanti degli ordini professionali (tutti quelli dell’area tecnica cui si è aggiunto quello dei commercialisti), dirigenti del Dipartimento alla programmazione, dirigenti dell’assessorato regionale alle Infrastrutture. L’incontro, voluto dall’assessore alle Infrastrutture Giovanni Pizzo, è servito a far emergere i bisogni e i progetti dei vari territori della nostra regione e in particolare di sei aree. Per la provincia di Messina sono state rappresentate le esigenze dell’area metropolitana del capoluogo. Assente, come è chiaro, un progetto sull’area dei Nebrodi: in pratica nelle sei proposte presentate mancava tutta l’area che da Milazzo arriva a Castel di Tusa. Non un’area secondaria come è facile comprendere. E’ stato detto molto su tutta la regione, persino sulle Madonie portate ad esempio di programmazione e buona amministrazione. Nulla, dicasi nulla, su una vasta area della provincia di Messina e in particolare sull’area dei Nebrodi. Di chi è la responsabilità? Certamente non dell’assessore che ha correttamente avviato un dialogo si spera costruttivo con gli Ordini professionali. E’ emerso un difetto di rappresentanza sociale ed economica di un’area che certo potrebbe esprimere idee e progetti per il futuro, che certo potrebbe ben rappresentare i bisogni dei cittadini che cercano, desiderano e vogliono un miglioramento della qualità della vita. In queste condizioni appare chiara la condanna alla marginalità per i Nebrodi, per tutta un’area che non ha ancora saputo esprimere una vera e propria rappresentanza sociale affidandosi a un certo tipo di politica che parla un linguaggio stantio, vecchio, a misura degli anni ottanta del secolo scorso. Si parlava della programmazione comunitaria 2014-2020, di risorse da destinare a progetti di sviluppo. Ma quali sono i progetti e i programmi, quali le priorità di intervento per questa vasta area della provincia di Messina, quali le emergenze? Non è affatto chiaro. Forse che un paio di porti turistici possono risolvere il problema dell’industria delle vacanze che ormai da qualche anno soffre a causa della mancata destagionalizzazione e, qualcuno dice, per la distanza dagli aeroporti? Forse è stato posto il problema dei pendolari, della mobilità, dell’integrazione di questi centri con le grandi aree metropolitane grazie a trasporti più veloci,a collegamenti pi rapidi? C’è una grave carenza di infrastrutture, c’è un dannato bisogno di intervenire nei centri storici, di riqualificare edilizia ormai vecchia limitando l’espansione di paesi che continuano a perde abitanti. C’è bisogno di un progetto coerente, di una nuova organizzazione amministrativa, di alleanze e di spazi per le imprese. ma questo dibattito non emerge, rimane nelle stanze di qualche palazzo o forse addirittura in qualche segreteria politica.
C’è un problema serio: l’assenza di classe dirigente, l’assenza di una borghesia produttiva e attiva, il dominio costante di un’economia parassitaria e di rapina che non cerca e non vuole la trasparenza dei processi decisionali ma piuttosto punta a ritagliarsi uno spazio per continuare a depredare il territorio. C’è il predominio di chi immagina di poter utilizzare ancora i Nebrodi come colonia da sfruttare, per poterne avere solo un profitto e lasciare immutata un’economia di sussistenza. C’è un disegno politico preciso? Forse sì. In ogni caso dovrebbe essere il territorio a cercare di comprendere meglio e le associazioni dovrebbero smettere di fare mera opera di patronage e passare alla vera rappresentazione degli interessi di categoria e collettivi. Si chiama modernizzazione ed è l’asset su cui bisogna insistere per superare la povertà in presenza di una grande ricchezza del territorio.

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