Proforbiomed lancia progetto pilota per produrre energia con gli scarti dei boschi

di Salvo Lapietra
13/11/2014

Ogni anno gli interventi di normale manutenzione su foreste e boschi mediterranei e siciliani – soprattutto “spalcature” (operazioni di potatura forestale) e diradamenti – generano rifiuti e scarti organici, ovvero la “biomassa legnosa naturale”. Che può essere facilmente sfruttata come combustibile e quindi produrre energia e calore. Un modo assolutamente ecologico visto che questo tipo di combustibili emette una quantità di anidride carbonica uguale a quella che viene assorbita in precedenza dalle piante durante la crescita. Quindi, nessun effetto serra e nessun danno per l’ambiente. Ma allora, perché non utilizzare questi rifiuti per alleggerire il peso energetico in una regione in cui i boschi (esclusi arbusti e macchie mediterranee) coprono una superficie di 260.128 ettari, e sono pari al 9,88% della superficie dell’isola? Se lo chiede il progetto Proforbiomed, finanziato nell’ambito del programma europeo MED – 2007/2013, asse 2 obiettivo 2.2 per la protezione degli ambienti naturali, che giunge a conclusione dopo tre anni di lavori e 18 partner coinvolti di 6 Paesi europei. Durante il convegno finale a Palermo – oggi nella sede del Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali dell’Università – è stato anche presentato un progetto pilota per l’utilizzo, a livello locale, delle cosiddette “biomasse” residuali forestali di scarto.

Il progetto Proforbiomed ha monitorato i boschi artificiali (rimboschimenti), di quello che presto diventerà il Parco dei Monti Sicani: una superficie boscata di circa 6.542 ettari, costituita da impianti artificiali di resinose, che produce 1.196.133 tonnellate di biomassa. Circa il 28% può essere prelevata e convertita in energia, nell’ottica di un piano di rinaturalizzazione dei boschi, ovvero seguendo i criteri di un preciso piano di gestione.

All’interno del convegno, a cui hanno partecipato agronomi ed esperti del settore, è stato anche presentato un progetto pilota per un modello di impianto di “cogenerazione” a livello locale: se dotato di un impianto del genere, un Comune (nel cui territorio vi sono boschi) potrebbe produrre energia tale, per esempio, da riscaldare una scuola oppure una piscina e gli edifici pubblici, senza gravare sul bilancio comunale, e nel pieno rispetto dei principi della sostenibilità. Non mega centrali, dunque, ma piccoli impianti (massimo 800Kw) locali, una filiera corta “foresta-legno-energia” che si chiuda nell’ambito del territorio comunale: il legno di scarto non va trasportato a centinaia di chilometri di distanza, ma rimane in zona, quindi non inquina e non costa. Proforbiomed prevede che ciascun comune utilizzi solo gli scarti prelevati dal proprio territorio. Solo adottando un piano di gestione, ciascun comune potrà stimare la quantità di biomassa prodotta per stabilire le dimensioni dell’impianto necessario da realizzare. Un progetto del genere potrebbe aiutare i bilanci dei comuni sui Monti Sicani, sui Nebrodi e sulle Madonie.

Ogni anno nei boschi siciliani – tutti di proprietà della Regione – sono prodotte enormi quantità di legname, scarti e rifiuti organici legnosi (senza alcun valore economico). Questi scarti legnosi provengono soprattutto dalle operazioni di diradamento selettivo per l’avvio dei boschi artificiali impiantati nel dopoguerra (pini, cipressi, cedri) alla rigenerazione naturale con latifoglie autoctone (leccio, roverella soprattutto) . La legge sullo smaltimento classifica questi scarti come rifiuti speciali non pericolosi e ne vieta la bruciatura se non per la produzione di energia e calore. L’impianto di cogenerazione usa il legname di scarto (ridotto in chip) che, alimentando una caldaia, alla fine del processo, produce energia elettrica e calore (in certi casi pure raffreddamento).
Il Dipartimento dello sviluppo rurale e territoriale ha in programma di “replicare” il modello gestionale proposto da Proforbiomed in altre aree delle Sicilia, laddove esistono condizioni analoghe a quelle presenti su Monti Sicani. Sarà così possibile promuovere l’utilizzazione delle biomasse forestali residuali alle comunità locali in tutte le province siciliane.

tratto da L’Ora quotidiano

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