Santo Stefano, la bellezza di un porto che piace solo ai ricchi

di Salvatore Granata
27/09/2016

Flavio Briatore ha illustrato alcuni giorni fa una sua precisa visione dello sviluppo turistico. A suo dire, ci sono persone che spendono 10-20 mila euro al giorno nel corso di una vacanza; a questi turisti non bastano cascine e masserie, prati e scogliere: vogliono hotel extralusso, porti per i loro yacht e tanto divertimento. E lui sa bene come ragiona chi ha molti soldi: il ricco vuole tutto e subito, non vuole prati né musei ma lusso, servizi impeccabili e tanta movida.

Lo stesso ragionamento sembra alimentare i sogni di molti amministratori locali i quali pensano che basti inserire un porto turistico lungo un tratto di costa per determinare immediatamente una svolta positiva dell’economia turistica.

Succede dunque che nel solo tratto di costa tra Tusa e Tindari ci siano due porti in costruzione (Capo d’Orlando e Sant’Agata di Militello), uno finanziato (Santo Stefano di Camastra) e almeno altri 5 progettati. In pratica, uno ogni 8 chilometri.

Questa straordinaria proliferazione di iniziative lascerebbe pensare che vi sia una fortissima domanda di posti barca. Ma così non è se si considera che l’Assomarine, l’associazione dei gestori di porti turistici, ha chiesto al Governo nazionale ed alle Regioni di fermare la costruzione di nuovi posti barca perché ce ne sono già troppi a fronte di una domanda in caduta libera.

Allora non è improbabile che questa corsa ai porti turistici sia innescata dal concorso di altri fattori: il flusso di finanziamenti pubblici come quota di compartecipazione ai project financing, la possibilità di rendere edificabili le aree portuali in deroga al vincolo di inedificabilità assoluta della legge regionale 78/76, la sostanziale privatizzazione di aree demaniali grazie alla lunga durata delle concessioni.

Che poi l’esistenza di un porto determini le ricadute economiche sperate a beneficio del territorio è tutto da dimostrare.

Intanto, è certo che l’inserimento di una struttura portuale nel litorale altera l’equilibrio delle spiagge e determina gravi dissesti nelle zone sottoflutto che restano soggette ad erosione.

Gli esempi sono evidenti, come lo sono pure le conseguenze economiche, sia dirette per i danni arrecati alle infrastrutture sia indirette per la drastica riduzione delle spiagge balneabili e dunque della loro fruizione turistica.

Insomma, per inseguire il sogno di un turismo per vip si rischia di distruggere una risorsa naturale e paesaggistica rilevante; né è ragionevole ritenere che bastino operazioni di semplice maquillage per ridurre l’impatto paesaggistico di una struttura portuale.

Ammantare dunque di definizioni suggestive un porto turistico, come si sta facendo per quello di Santo Stefano di Camastra, è decisamente fuorviante, è una sorta di inganno retorico: il porto turistico di Santo Stefano sarà una struttura portuale di notevole impatto ambientale e di dubbia utilità e non “Il porto della bellezza” né tantomeno “Il porto della natura”, come lo ha definito il Presidente dell’Ente Parco dei Nebrodi.

Anzi, è un’opera del tutto antitetica rispetto al modello di sviluppo tipico di un’area protetta che è basato invece sulla conservazione delle bellezze naturali, sulla tutela del paesaggio, sulla valorizzazione della cultura tradizionale, sulla promozione del turismo naturalistico e relazionale;  ed anche su cascine e masserie, prati e scogliere, chiese e musei disprezzati da una visione pacchiana del territorio e delle sue dinamiche.

E proprio mentre l’attenzione dello Stato sui Nebrodi è concentrata sulla repressione della criminalità più o meno organizzata, non è inutile pure ricordare che uno sviluppo equilibrato del territorio nel rispetto dei valori ambientali e culturali, politiche mirate alla diffusione dei benefici indotti dagli investimenti pubblici, la trasparenza dei percorsi decisionali costituiscono un’efficace azione di prevenzione della criminalità.   Una criminalità che in anni passati si è manifestata anche nel controllo dei flussi di spesa per opere pubbliche e nell’intreccio con esponenti del mondo politico e delle imprese.

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