Suino nero: chi è che lavora contro i Nebrodi?

di Turi Milano
07/12/2016

C’è alla fine del pezzo sull’Organizzazione di produttori di suino nero dei Nebrodi una frase che appare sibillina e inquietante. Sibillina perché dice e non dice, o meglio forse si spinge a dire quello che è possibile dire. Inquietante perché fa trasparire ostacoli sul cammino del riconoscimento della Dop per i prodotti da suino nero dei Nebrodi. Ci si chiede e chiediamo a voi chi è che lavora contro i Nebrodi?

Certo, crediamo, non chi sui Nebrodi vive, lavora, vuole continuare a vivere e far vivere i propri figli. E immaginiamo che chi sui Nebrodi vive vuole, insieme a Giuseppe, questo ragazzo che ha lasciato Torino dove poteva inseguire sogni e carriera per tornare in Sicilia, aiutare lo sviluppo di un sistema che è centrale nel cosiddetto comparto dell’agroalimentare. Perché, mi dicono, c’è tutto un giro di interessi, di veri o presunti monopolisti, che sto suino nero dei Nebrodi se potessero lo butterebbero amare. E che sperano, con la complicità della politica che spesso brilla per miopia, di ottenere un riconoscimento solo per il suino nero siciliano. E che cambia, direte voi? Cambia perché ovviamente rispettare le caratteristiche del suino nero dei Nebrodi è più complicato, costa di più, sono necessarie più attenzioni, insomma c’è un lavoro complesso per arrivare a quella bontà e a quella qualità che conosciamo. Se invece si vuole aggirare l’ostacolo, e in questo forse c’è la complicità di qualcuno che sui Nebrodi vive e lavora, allora mettiamo da parte, “canziamo” mi pare si dica in dialetto, sti quattro poveracci che allevano suino nero sui Nebrodi.

Non sappiamo quale sia la posizione degli esperti perché fin qui un vero dibattito pubblico non c’è stato. Ma non possiamo mai immaginare che, per esempio,  autorevoli docenti universitari che da decenni si battono per valorizzare il suino nero dei Nebrodi abbiamo ceduto alle sirene di chi magari è in grado di garantire qualche finanziamento o sostegno per fare carriera. Ci sono in ballo gli interessi di 98 aziende, piccole se volete, e c’è in ballo la gestione di una struttura pubblica come il prosciuttificio di Galati Mamertino, che secondo le dichiarazioni dei componenti del consorzio che lo gestisce, vuole aprirsi sempre più al territorio. E il prosciuttificio, inserito in un sistema di controlli di qualità di alto livello (in questo gli imprenditori del San Daniele possono esserci maestri), può rappresentare un vero volano per tutto il territorio. Ma oggi è obbligatoria la strada della trasparenza perché aiuta a capire anche chi è che sta lavorando per affossare ancora una volta i Nebrodi. Se c’è uno squallido progetto elettorale è giusto saperlo. Se ci sono altri interessi, più oscuri, più opachi è giusto che si faccia chiarezza.

In nome di un prodotto come il prosciutto che, secondo la qualità può essere venduto anche a duecento euro mentre viene pagato ai poveri allevatori dei Nebrodi poche decine di euro, sembra chiaro quali e quanti interessi vi sono: da Enna, da Ragusa, da chissadove. Ma i Nebrodi sono stanchi di essere colonia e terra di conquista. E vogliono sapere: chi è che lavora contro gli imprenditori e i cittadini di quest’area della Sicilia.

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