Agri-food, un percorso verso l’innovazione condivisa

di Salvo Lapietra
03/06/2016

L’innovazione nel settore agro-alimentare è “open”, ha bisogno di una rete e di un approccio olistico che coinvolga l’intera filiera, dal produttore al consumatore, passando forzatamente dalla ricerca pubblica. È seguendo questo modello che un Paese piccolo come l’Olanda è riuscito a conquistare il mercato mondiale.
È stato questo il focus dell’appuntamento “Confronti” che si è svolto questa sera nella sala conferenze del Dipartimento di Economia e Management. Alberto Nucciarelli, ricercatore di Economia all’Università di Trento, Matteo Vittuari, docente di Politiche di sviluppo rurale all’Università di Bologna e Andrea Segrè, presidente della Fondazione Mach di San Michele all’Adige e professore di Politica agraria internazionale all’Università di Bologna, si sono interrogati sulle peculiarità della crescita nel comparto agri-food, un anno dopo l’Esposizione Universale.

Nell’agroalimentare l’innovazione di prodotto e di processo ha caratteristiche peculiari. La crescita è il risultato di uno scambio aperto, vero motore della crescita del settore: nessuna azienda innova da sola ma lo fa all’interno della filiera, anche assieme ai competitor.
A sostegno di questa tesi Alberto Nucciarelli ha portato il caso del settore agri-food olandese. Nei Paesi Bassi i produttori di pomodoro mettono in rete l’innovazione di prodotto e di processo e questo modo di agire funziona: è così che sono riusciti ad essere il secondo esportatore di prodotti agricoli al mondo, pur essendo duecento volte più piccoli degli Stati Uniti.
Anche quando si studia il settore agro-alimentare non si può guardare solo ai singoli agenti, bensì a come essi interagiscono, pur nella loro profonda diversità. Matteo Vittuari ha citato due progetti finanziati dalla Commissione Europea, “Fusions” e “Refresh”, incentrati sugli sprechi alimentari, con il coinvolgimento di diversi stakeholder della filiera alimentare.
È anche con l’innovazione sociale, creata da individui o da comunità, che si possono combattere gli sprechi nella filiera. Un problema che ha forti risvolti economici. Basti pensare che, a livello di Unione Europea, nel 2012, 88 milioni di tonnellate di cibo sono andate sprecate, 46 delle quali a livello di consumatore, per un corrispettivo di 173 chili di cibo gettato a testa.
Il punto successivo, sollevato dal presidente della Fondazione Mach, Andrea Segrè, è che l’innovazione agro-alimentare passa dalla ricerca, soprattutto quella pubblica. Alla Fondazione Mach di S. Michele all’Adige, ad esempio, si lavora, tra le altre cose, sulla tracciabilità dei prodotti, utilizzando il metodo degli isotopi, per combattere il fenomeno dell’Italian sounding. Con questo approccio si riesce a risalire in maniera inequivocabile all’origine degli alimenti, garantendone la qualità, tutelando così contemporaneamente produttore e consumatore.

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