Alimenti, come leggere le etichette e difendersi dall’inganno

di Lorena Ricciardello
06/01/2017

Se prima dovevamo difenderci dall’inganno dei prodotti alimentari stranieri venduti per “Made in Italy”, contribuendo ad una falla del nostro territorio, appare un paradosso dovere fare atti rivoluzionari per poterci difendere dall’inganno. Emerge la necessità di nuovi piani di interventi, nuovi attori, che possano riorganizzare la situazione attuale, sia a livello regionale, nazionale e internazionale, d’altronde si compete per il mercato della globalizzazione. Un’impresa ardua questa, la risoluzione di un problema non più emergenziale bensì strutturale. Sì perché la questione è dovere risvegliare le coscienze attraverso l’informazione e il sapere al consumatore: solo la conoscenza, cultura, porta al cambiamento. La conoscenza permette di lottare quegli affari mafiosi, del settore agricolo e alimentare, che controllano il nostro territorio, colpendo le prospettive di un Paese che deve decidere quali principi di combattività adottare e in che maniera vuole confrontarsi col mercato globale.

Tutto deve partire dalle politiche locali, dal potenziamento dei controlli e dall’adeguamento alle normative vigenti. Assicurare anche una filiera corta al fine che si riducano gli spazi-occasione per l’illegalità, accrescendo di valore aggiunto sia il produttore che il consumatore, pedine “consapevoli” del sistema a cui si aggiunge il rischio per la salute.

Un chiaro esempio è stato attuato dall’operazione di polizia di Sant’Agata di Militello “Gamma Interferon”.  L’operazione ha permesso di mettere in evidenza una situazione che fino a quel momento era stata taciuta, focolai di tubercolosi, di animali malati di tubercolosi macellati e poi venduti e consumati da parte del povero utente, a danno della salute, ma a favore del “dio denaro”. L’operazione ha messo in evidenza che chi doveva tutelare il consumatore, indossando le vesti ufficiali è venuto meno ai principi della professione.

Appare necessario implementare e portare la “cultura dell’informazione” al cittadino, che è il consumatore.

Da questo quadro nascono le ragioni che hanno portato il legislatore alla formulazione del Regolamento U.E. 1169/2011, etichettatura degli alimenti. Vi è stata la necessità di realizzare una normativa comune a livello europeo, applicata a tutti gli Stati Membri, la necessità di un’armonizzazione della struttura normativa; la necessità di avere un riscontro con le esigenze dei produttori, la necessità della tutela e dell’informazione dei consumatori. L’etichetta può considerarsi come la carta d’identità di un prodotto alimentare che garantisce un elevato livello di protezione dei consumatori in materia di informazioni sugli alimenti, tenendo conto delle differenze di percezione dei consumatori e delle loro esigenze in materia di informazione, garantendo al tempo stesso il buon funzionamento del mercato interno e contribuendo significativamente alla salute e al benessere dei cittadini, nonché alla realizzazione dei loro interessi sociali ed economici. Le scelte dei consumatori possono essere influenzate, tra l’altro, da considerazioni di natura sanitaria, economica, ambientale, sociale ed etica.

La lettura dell’etichetta alimentare non deve indurre in errore il consumatore, deve essere chiara, comprensibile e leggibile da tutti.

Deve contenere delle informazioni obbligatorie:

– la denominazione di vendita del prodotto o il nome consacrato dagli usi, (es. cotechino, panettone) la denominazione di vendita comporta un’indicazione relativa allo stato fisico in cui si trova il prodotto alimentare o al trattamento specifico da esso subito (es. in polvero, surgelato);

– l’elenco degli ingredienti in ordine decrescente  di peso (in questo modo il consumatore può rilevare eventuali differenze nella qualità degli ingredienti), va indicata la natura degli oli e i grassi utilizzati, vanno messi in evidenza con carattere distinto, rispetto agli altri ingredienti, tutte le componenti che possono creare allergie o intolleranze alimentari anche se presenti in tracce, inoltre gli additivi sono indicati con il nome della loro categoria seguito dal loro nome specifico (es. colorante: caramello) oppure dalla lettera E seguita da un numero che ne indica la categoria;

– il termine minimo di conservazione e data di scadenza hanno un significato preciso: al primo è riconducibile la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il…” che rappresenta un consiglio per il consumo ottimale del prodotto in sicurezza, ma non la garanzia delle caratteristiche organolettiche originarie; la data di scadenza, indicata con la dicitura “da consumarsi entro il …” rappresenta il termine obbligatorio entro il quale il prodotto deve essere consumato;

Una delle novità normative riguarda le informazioni nutrizionali: a partire dal 13 dicembre 2016 sono obbligatorie in etichetta allo scopo di potere contrastare l’obesità, il sovrappeso e le varie malattie riconducibili a diete squilibrate e a stili di vita poco salutari; la dichiarazione nutrizionale comprende il valore energetico, la quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale.

Il regolamento prevede, inoltre, altre indicazioni obbligatorie, quali il contenuto di liquirizia, il tenore di caffeina in prodotti specifici; un’altra importante novità e la tutela delle donne in gravidanza, delle nutrici e dei bambini con la segnalazione, in modo visibile, della possibile inadeguatezza del prodotto dal punto di vista nutrizionale.

Tra le altre informazioni obbligatorie abbiamo il quantitativo netto, espresso in peso o in volume e il peso netto sgocciolato; il peso netto sgocciolato, deve essere riportata anche la dicitura “peso netto sgocciolato”. La data di congelamento è un altro obbligo, ovvero la data del primo congelamento per le carni e le preparazioni a base di carne e per prodotti ittici non trasformati. Utile per l’individuazione delle partite non idonee al consumo, da ritirare da commercio, il numero di identificazione del lotto e i riferimenti del produttore o del confezionatore. Un’altra informazione da dare al consumatore sono le modalità di conservazione e utilizzazione e le istruzioni per l ‘uso (es. “conservare in un luogo fresco ed asciutto”).

Un’altra novità del Regolamento importante è l’etichettatura d’origine degli alimenti (Paese d’origine o luogo di provenienza) che rappresenta il valore aggiunto della trasparenza e soprattutto all’individuazione del “Made in Italy”. Tale indicazione è obbligatoria ad esempio per il latte e il latte usato come ingrediente di prodotti lattiero caseari, per gli alimenti non trasformati, per i prodotti a base di un unico ingrediente, per gli ingredienti che rappresentano più del 50% di un alimento, luogo di nascita, allevamento e macellazione dell’animale.

Una novità a tutela del Made in Italy, riguarderà latte e derivati. Sulle nuove etichette si troveranno indicazioni sul paese dove avviene la mungitura e il condizionamento o la trasformazione del latte: “origine del latte … ” seguita dal nome della nazione. Sapremo per esempio quale sarà l’origine del latte in una mozzarella.

Il provvedimento si applicherà solo ai prodotti italiani destinati al mercato nazionale e sono esclusi prodotti freschi, DOP, IGP, STG e biologici, perché garantiscono già la tracciabilità delle materie prime.

Da quanto scritto caro Lettore comincia a fare attenzione quando vai a fare la spesa, leggi l’etichetta che ti tutela, poiché rappresenta la certezza giuridica su cui rivalersi.

 

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