Allo stilista Salvatore Parasuco verrà conferita la cittadinanza capitina

La città di Capizzi, il prossimo 21 luglio, consegnerà la cittadinanza onoraria allo stilista Salvatore Parasuco. Riconoscimento conferitogli “non solo per il vincolo affettivo e familiare che lo lega al paese nebroideo ma, soprattutto, per il suo talento, tradotto in veri e propri manufatti tra sciccheria e raffinatezza”.

L’oriundo capitino Salvatore Parasuco, classe 1953, è l’imprenditore italo-canadese che ha creato l’omonimo mito denim, vera e propria “cult label” indossata da numerose star di Hollywood, della musica e dell’intero mondo hip-hop, d’oltreoceano. Nel 1957 la famiglia Parasuco, mamma, papà e sei figli, emigra in Canada, a Montreal, in cerca di fortuna. Lì Salvatore vive, la sua infanzia e adolescenza, in ristrettezze economiche, a 14 anni inizia a lavorare in un negozio di abbigliamento dove lava i pavimenti. All’età di 19 anni, dopo un viaggio in Sicilia a Capizzi dove va a trovare i nonni, arriva la svolta. Tornato in Canada, nell’ottobre ’72, apre il suo primo negozio, su St Catherine Street, Pour les deux, un negozio unisex. In quegli anni Parasuco ebbe un’intuizione vincente: creare un nuovo jeans; utilizzare cloro e pietre per dare vita allo stone washed.

“Ho allestito una vetrina – racconta lo stilista,- con un jeans nuovo e un jeans usato, mi chiedevano di comprare sempre quello usato. Allora ho provato a portarli a casa, con mia mamma, abbiamo lavato qualche jeans e si sono venduti. È lì che ho scoperto una nuova industria.”

La famiglia Parasuco era diventata, così, una vera e propria azienda , “loro – riferendosi ai genitori,- non lavoravano, allora portavo a casa i jeans, siamo arrivati a fare 200 jeans a settimana, li pagavo, pagavo i miei genitori 35 centesimi a jeans. I jeans si asciugavano fuori, però loro stavano lì a fare la guardia, perchè il nostro quartiere è un po’ difficile. In inverno si asciugavano all’interno, senza asciugatrice, allora tutta la famiglia stava cu l’occhi russi, per il cloro. Però lì senza saperlo eravamo la prima lavanderia canadese esistente.”
Parasuco introduce e sviluppa, oltre lo stone-washed o la sabbiatura, lo stretch. Altra intuizione rivoluzionaria, del giovane capitino, la creazione di un nuovo tessuto elasticizzato fatto di jeans e lycra. “Un giorno – racconta, – ho visto una ragazza, che lavorava per noi, seduta che rispondeva al telefono con i jeans slacciati. Ho chiesto perché hai i jeans aperti, lei rispose sono troppo stretti. Questo mi ha fatto pensare: si può fare la fibra con il lycra è abbiamo risolto questo problema. Sono andato a New York, a visitare tutti i grandi tessutai; io, 22 anni, con questa idea, mi mandavano tutti all’altro mondo. Alla fine ho trovato un’azienda giapponese e con loro siamo riusciti a fare questo tessuto.”

Svolta importante nel mondo del denim, peccato che il giovane Parasuco non depositò il brevetto di questo nuovo tessuto, che nel tempo si è rivelato vincente “non ho mai pensato di brevettarlo, perché pensavo a far sopravvivere la mia azienda ad ogni stagione. La cosa interessante è che tutto il mondo oggi utilizza tessuti elasticizzati.” Il marchio utilizzato per i suoi capi, inizialmente, era Santana ma nel 1989, per entrare nel mercato americano dove il marchio Santana era già registrato, deve cambiare nome e decide di utilizzare il suo. “Eravamo emigranti qui con nome italiano, Parasuco. A scuola faceva le barzellette sul mio nome, non pensavo di mettere il mio nome come marchio, era imbarazzante. Ma alla fine l’ho utilizzato” ed oggi Parasuco è sinonimo di moda, fascino e glamour.

Nonostante il grande successo, che lo ha consacrato nell’olimpo della moda, Salvatore Parasuco rimane fortemente legato alle sue umili origini italiane, siciliane, capitine, “mi sento per il 70% italiano e il 30 % canadese, perché la vera cultura canadese è interessante ma, la cultura italiana che esiste da tanti secoli con l’arte e tutte le altre cose è molto più affascinante per me. Mi sento che il successo che siamo riusciti ad avere è per le nostre origini italiane, il nostro gusto italiano. Parlo il dialetto siciliano, ia sugnu capizzotu della Sicilia, sono nato a Capizzi provincia di Messina, vicino Enna.”

Legame, questo, testimoniato anche dalla scelta del suo logo: la Chimera d’Arezzo. E nel 2004, questo suo sentirsi italiano, siciliano lo porta, anche, a legare il marchio Parasuco alla squadra di calcio del Messina. Infatti, lo stilista decide di vestire i ragazzi del Messina accompagnandoli nell’avventura del campionato calcistico di serie A. Il marchio Parasuco è stato sponsor ufficiale di abbigliamento informale del Messina per tutta la stagione calcistica 2004/2005.

Oggi Parasuco, dopo 40anni, rappresenta un brand unico, innovativo e d’eccellenza in tutto il mondo. “La consegna delle chiavi – dichiara orgoglioso il sindaco Giacomo Leonardo Purazzo,- è per rafforzare ulteriormente il rapporto tra lo stilista e il nostro paese, per quel sentimento di affetto e gratitudine reciproca che ci lega”.

Venerdì 21 luglio, per i capitini che vorranno partecipare alla cerimonia l’appuntamento è in piazza San Giacomo alle 20.30. Nell’arco della giornata, inoltre, è prevista una visita guidata alla scoperta di quegli archivi di saperi e sapori che, nel tempo, l’oriundo couturier ha fatto propri; organizzata, anche, la degustazione di prodotti tipici, a cura dei produttori locali, per un’ulteriore momento di convivialità e sigillare con gustosità nostrane il ParasucoDay.

In serata, verranno consegnate la targa e la pergamena della cittadinanza onoraria alla presenza di autorità civili, militari, religiose, istituzionali e di note firme italiane. Infatti interverranno Salvatore Martorana, il sarto dei potenti, titolare della Gregory; Mario Catania, presidente della Brontjeans e Emanuele Miracula, amministratore della “San Lorenzo”.

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Redazione