“Comunità Ospitali” nuova frontiera del turismo, intervista a Fausto Faggioli

di Emanuela Raimondi
25/06/2022

Le “Comunità Ospitali” come una nuova frontiera di turismo esperienziale. È quello di cui si è discusso al Tus’Hotel di Castel di Tusa, lo scorso giovedì 23 giugno, durante l’incontro pubblico rivolto agli operatori economici, sociali, culturali e produttivi dei comuni nebroidei di Tusa, Castel di Lucio e Santo Stefano di Camastra e madoniti di San Mauro Castelverde e Castelbuono, che aderiscono al Progetto Pilota Nazionale “Hospitis” di Fondazione Futurae.

Il progetto prevede alcune azioni strategiche da svolgere con i comuni aderenti alla rete come “Comunità Energetiche”, al fine di rafforzare il processo di transizione energetica nel locale e “Comunità Ospitali” che intende rafforzare i rapporti economici e sociali tra operatori turistici, artigianali e ambientali.

Gli Enti hanno partecipato al primo di una serie di incontri con il project manager ed esperto di marketing territoriale romagnolo Fausto Faggioli, partner di Hospitis. Faggioli ha dialogato con gli Amministratori spiegando come fare sistema, per creare e sviluppare una rete integrata di “destinazione” mettendo in valore tutto il patrimonio materiale e immateriale disponibile pensando alle comunità locali.

Gli abbiamo rivolto alcune domande sull’idea cardine di un nuovo sistema turistico che prevede sinergia tra i comuni aderenti.

Perché si trova qui oggi in veste di partner del progetto e territorial marketing manager?

“Hospitis è una realtà importante a livello nazionale. Organizzare 40 piccoli comuni che si aggregano per il nuovo mercato, è già una cosa strategica ed eccezionale. Ritengo che oggi l’importante sia capire che un territorio deve organizzarsi per un nuovo mercato. Il turista ricerca l’identità di un territorio, la cultura, la storia e vuole viverlo non più da turista, ma da gradito ospite, da amico. Significa muoversi non per vedere le cose, ma per fare le cose. Si parla molto ormai di turismo esperienziale. In realtà mi verrebbe da dire – in particolar modo quando parliamo della Sicilia – che non c’è niente di nuovo da doversi inventare. Voi siete così: solari, ospitali e questo deve diventare un prodotto. Spesso ci ostiniamo a vendere l’albergo, a vendere il mangiare, ma si mangia e dorme da tutte le parti! Noi dobbiamo vendere qualcosa che sia immateriale e cioè il vivere qui, il vivere alla siciliana.”

Come è possibile fare questo attraverso l’“albergo diffuso” che dovrà essere realizzato dai comuni aderenti?

Non è la struttura in sé su cui bisogna puntare. Oggi la gente non si muove più per destinazione, si muove per motivazione. Il turista non dice più “cosa mi offri”, ma “come mi fai sentire”. È dentro questo “come mi fai sentire” la vera rivoluzione in atto. Dobbiamo essere bravi a rendere emozionale tutto ciò che andiamo a fare. Non il prodotto in sé, ma il modo in cui lo facciamo vivere. Voi avete un patrimonio che fa parte della vostra cultura, del vostro dna e spesso non viene “venduto” per il suo reale valore! Non bisogna fare programmi per settore, ma da ogni settore occorre tirare fuori un prodotto nuovo ed efficace per il mercato. Oggi il mercato vuole questo: o ci prepariamo noi, o i turisti andranno in altre aree. Non bisogna fare l’errore di sentirci singoli in un mondo in cui è importante fare rete e lavorare insieme. Insieme si va lontano, bisogna procedere con una visione di lungo periodo. In questi incontri pubblico e privato cominciano a ragionare e stare insieme e il vantaggio di un territorio non deve essere di una singola parte coinvolta. Le sfide che abbiamo davanti non sono più fra prodotti o aziende, ma fra sistemi. La destinazione di un sistema turistico non è il confine geografico di un comune, è un territorio. Un territorio è fatto da più comuni, da più persone, deve esserci la capacità di gestire le opportunità che il mercato vuole.

Come si può tradurre questo “sistema turistico” nel mettere in gioco e in sinergia le risorse immateriali?

Abbiamo bisogno dei giovani perché hanno freschezza di idee. Oggi non è più “il grande che mangia il piccolo”, ma è “il veloce che mangia il lento”. L’unicità delle idee, le proposte, come si arriva al mercato. Se un territorio ha voglia di cambiamento bisogna aggregarsi, incontrarsi. Incontri come questi sono strategici per parlare, discutere e condividere un’idea di mercato. Questo albergo è bello, ma se non il proprietario non lo riesce a riempire, avrà un debito, non un albergo. Bisogna conquistare i mercati, ma da soli non si va da nessuna parte. Il turista è una persona, ha un sentimento. Dobbiamo ascoltarlo e bisogna smetterla di piangersi addosso. Siamo nella terra più bella del mondo, abbiamo persone meravigliose, prodotti straordinari: organizziamoci per vendere questo! Dobbiamo creare un nostro prodotto senza seguire gli altri.

Forse molti piccoli comuni hanno difficoltà nel mettere insieme tutte queste tessere del mosaico?

Oggi mentre ero in aeroporto c’è stata una call sulle “Comunità Energetiche”. Una comunità che si organizza per avere energia a km 0 senza dipendere dai grandi player, significa essere protagonisti dello sviluppo locale a tutto tondo. Se siamo bravi cominciamo a determinare delle politiche di sviluppo. Quello che è importante è che se abbiamo a disposizione un’ora di tempo, 50 minuti li dedichiamo a fare analisi e 10 alla progettualità. Non dobbiamo preoccuparci del progetto perché con l’analisi giusta, si avvia facilmente. Ad analisi errata, andiamo a sbattere. L’importante è non voler bruciare le tappe. Bisogna confrontarsi e consolidare questo fare sistema.

Bisogna anche puntare soprattutto alle specificità naturali e culturali del nostro territorio…

Ci mancherebbe. Qui avete il mare e la montagna a portata di mano, una ruralità eccezionale. Va venduta soprattutto la vostra sicilianità, cercando di non cadere nel tranello di un’offerta che allontana il turismo. Oggi per esempio venendo qui sono entrato in un bar a prendere un caffè e non mi hanno detto una parola, né risposto al saluto uscendo. Ecco a queste persone va ritirata la licenza, perché allontana il turista e soprattutto gli lascia impressa un’idea della Sicilia che non corrisponde alla realtà, che viola il vostro naturale senso di accoglienza e gentilezza.

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