Cura Italia, Regalbuto: “Sforzo minimo per i problemi enormi”

di Redazione
19/03/2020

L’avvocato Gabriella Regalbuto, da sempre al fianco degli allevatori dei Nebrodi per la difesa dei loro diritti, dice la sua sul Decreto Cura Italia definendo minimo lo sforzo del Governo per i problemi enormi del settore agricolo. Misure inefficaci, secondo l’analisi fatta dal legale stefanese, che afferma: “sono ancora troppe le aziende sospese da Agea”.  

Ormai sono ampiamente conosciute le criticità e le gravi difficoltà vissute dalle aziende agricole siciliane. Negli anni la mancanza di politiche idonee ad incidere profondamente sul settore, la crisi di mercato, l’arretratezza strutturale e infrastrutturale della aziende e altri fattori hanno determinato un progressivo ed inesorabile declino di quello che è sempre stato il settore trainante dell’intera economia siciliana. A tutto ciò, negli ultimi anni, si sono aggiunti i ritardati ed ingiustificati pagamenti dei contributi comunitari da parte dell’O.P. AGEA che ad oggi fanno da cornice alla siccità, che ha già gravemente compromesso il raccolto e la pandemia del Covid-19. Quello delle anomalie Agea è un argomento ricorrente nel mondo agricolo siciliano. E sulla questione l’avvocato ha le idee chiare:

“In un momento di emergenza sanitaria ed economica sono ancora troppe le aziende siciliane i cui contributi sono “sospesi” per indecifrabili anomalie Agea. Le misure previste dal Decreto cura Italia a mio avviso sono insufficienti e in ogni caso lo sforzo del Governo nazionale rischia di essere vanificato se al contempo non si interviene con altre misure collaterali ma essenziali per rendere effettive ed efficienti le “cure” del Governo. Cassa integrazione in deroga, fondo di 100 milioni di euro e aumento dell’anticipo PAC non bastano per garantire quell’iniezione di liquidità di cui le aziende hanno bisogno.

In provincia di Messina, e non solo, sono centinaia le aziende che sono sospese su disposizione di Agea con la famosa anomalia D-12, quell’anomalia inserita perché la Prefettura di Messina non ha ancora inviato le informative antimafia. Eppure, anche Agea, è tenuta all’applicazione dell’art. 92 del D.lgs n 159/2011 (codice antimafia).
Infatti, le attuali norme in materia di pagamento dei premi comunitari in favore dei produttori agricoli stabiliscono che, per gli importi superiori a €25.000, venga richiesta alla competente Prefettura la certificazione antimafia; trascorsi 30 giorni (che diventano 45 se nel frattempo la Prefettura ha comunicato la complessità dell’indagine) dall’inoltro da parte dell’AGEA della richiesta di tale certificazione l’Organismo Pagatore dispone la liquidazione dei premi, sotto la condizione risolutiva di cui all’art. 92 del D.lgs n. 159/2011.
Eppure, nonostante le chiare disposizioni di legge, Agea detiene in ostaggio milioni di Euro delle aziende agricole siciliane, nello specifico, messinesi, e non si sa se per la farraginosità del sistema, o per l’assunzione di posizioni pregiudizievoli.

A mio avviso, c’è in atto un processo di criminalizzazione dell’intero territorio messinese e della zona Nebroidea in particolare. È impensabile che Agea abbia provveduto a liquidare tutte le aziende italiane, e tutte le altre province siciliane sotto la condizione risolutiva di cui sopra, e abbia avuto, invece uno scrupolo di coscienza per le sole aziende messinesi. Il timore è che l’allarme sociale che si è determinato nell’immaginario collettivo e nelle Istituzioni, avvalorato dai recenti fatti di cronaca, abbia portato a considerare i Nebrodi come una zona ad alta densità mafiosa, permeata dalla più efferata criminalità.

Quanto questo sia vero spetta deciderlo agli organi giudiziari chiamati a giudicare; certo è che una indiscriminata generalizzazione e criminalizzazione non premia di sicuro i cittadini onesti e gli onesti lavoratori agricoli dell’intera Provincia di Messina, costretti a subire danni non solo all’immagine ma anche e soprattutto ingenti danni materiali ed economici per fatti non riconducibili alla loro volontà o ai loro comportamenti.
Ebbene, in questo contesto di generale pregiudizio, per cui se appartieni ad un territorio a priori potresti essere un criminale, come si porrà Agea rispetto a tutte queste aziende che ancora aspettano il saldo della domanda pac 2018 e l’anticipo del 2019, quando dovrà erogare l’anticipo della domanda Pac 2020 disposto con il Decreto “cura Italia”? A questo processo di criminalizzazione della categoria si è aggiunto l’ulteriore giro di vite dei Bandi regionali per la concessione del Demanio Forestale.

Da quest’anno saranno esclusi tutti quei soggetti che abbiano commesso determinati reati “contro la persona”. Anche in questo caso non si aspetta un’eventuale condanna, almeno in primo grado, e l’esistenza di una denuncia per reati simili compromette l’accesso ai bandi pubblici, in spregio alla presunzione di innocenza sancita dal nostro codice penale. Gli allevatori, ormai, sono diventati lo strumento attraverso cui parlare di legalità e ripulirsi la propria giacca. C’è un’altra questione che quest’anno attanaglia le aziende siciliane: la siccità. Questo argomento a breve tornerà prepotentemente sui tavoli tecnici della Regione siciliana; tanto più che già il raccolto è risultato seriamente compromesso e i costi della produzione e dei foraggi e dei mangimi sono aumentati vertiginosamente.

In questo contesto è comprensibile come il Decreto “cura Italia” con le poche disposizioni dedicate al settore sia inadeguato ad aiutare realmente la categoria; specie se, come dicevo prima, non si applicano altre misure collaterali ma fondamentali per l’effettività degli aiuti.
Pertanto, è necessario disporre
– la sospensione della sanzioni di condizionalità;
– la sospensione di tutti i termini di denuncia (nuove nascite, morti, macellazioni etc.) in BDN;
– la sospensione dei recuperi previdenziali o altre posizione debitorie delle aziende sulle Domande uniche e sulle misure agroambientali (altrimenti l’anticipo viene erogato ma contestualmente trattenuto e recuperato da AGEA);
– la revoca immediata delle anomalie D12 per tutte le aziende ancora bloccate;
– Proroga al 15 giugno non solo del rilascio informatico della domanda unica sul portale SIAN ma soprattutto del possesso dei requisiti da parte dei produttori;
– l’innalzamento da €25.000 ad €150.000, in deroga alle disposizioni di legge, della soglia prevista per la certificazione antimafia o, in alternativa, pagamento dell’anticipo anche nelle more della produzione del certificato antimafia (altrimenti gli anticipi verranno trattenuti in cassa da Agea).

In un quadro così desolante quello che permette a questi uomini di andare avanti è la passione per la propria terra e per il proprio lavoro; passione che da sola non è più sufficiente a dare forza e coraggio quando sembra che tutto il sistema voglia portare al fallimento e alla chiusura di queste meravigliose realtà aziendali. Gli allevatori avrebbero invece bisogno di un affiancamento pianificato e partecipato per la commercializzazione dei prodotti, per la loro qualità, il recepimento e la comprensione delle norme, sempre più incalzanti e complicate, di condizionalità, di igiene e benessere, per la semplificazione amministrativa e per una burocrazia ormai divenuta incomprensibile e dedicata ad un molteplice sistema sanzionatorio.

Questa inquietudine, questo sentirsi continuo bersaglio da parte di un nemico che invece dovrebbe difenderli e valorizzarli, sta producendo un effetto positivo nella categoria: sta facendo nascere uno spirito di comune partecipazione e condivisione delle problematiche, anche con il supporto di alcune piccole ma presenti realtà sindacali locali. E si sa che una goccia nel mare non fa la differenza ma il mare stesso deve la sua forza a tante gocce che spingono insieme”.

 

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