Gli incendi sono affari e nessuno vuole fronteggiare questo disastro

di Carlos Vinci
05/08/2021

Ogni volta, all’arrivo di un’estate più calda del solito, all’estendersi delle terre bruciate dal fuoco, per qualche giorno tutti si occupano degli incendi per poi voltare pagina e dimenticarsene fino alla prossima, bollente estate. Vivere nell’emergenza è sempre un business, significa inseguire gli eventi, destinate a suscitare paura e preoccupazione generale, mettendo in campo enormi somme di denaro, spesi inutilmente per il vero obiettivo, in mancanza di una vera programmazione.

Eppure esistono progetti semplici già realizzati in Aspromonte e sul Pollino che la politica ha deciso di sospendere. Bisogna ricreare quel rapporto tra popolazione e territorio, che c’era in passato prima dello spopolamento delle campagne e montagne, attraverso i «contratti di responsabilità territoriale» che puntano ad uno spegnimento immediato dei fuochi.

Non si tratta di un metodo perfetto, ma perfettibile, che nel tempo ha aggiunto al coinvolgimento delle associazioni ambientaliste e di protezione civile quello di un rapporto di responsabilità con contadini e pastori nella difesa territoriale. E’ una sfida che ci riguarda tutti ma che richiede una uscita/liberazione dalla catena delle emergenze.

Abbiamo bisogno di programmare la difesa territoriale in tutti i campi, tenendo conto che registreremo sempre più “eventi estremi” legati al mutamento climatico in corso con cui fare i conti. E’ un’altra politica unitamente ad un’altra informazione , che non stia solo sul pezzo, quella di cui abbiamo estrema necessità. Tonino Perna, giornalista del Manifesto, si è occupato della materia e fu’ invitato a Bruxelles da una Commissione istituita ad hoc, che espresse grande interesse per il metodo Aspromonte, poi non ne seppi più niente.

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