Maxiprocesso Nebrodi, chieste in appello 26 conferme e 62 riforme della sentenza di primo grado

di Giuseppe Salerno
24/04/2024

D’innanzi alla Corte d’Appello di Messina (presidente Francesco Tripodi, a latere Antonino Giacobello e Daria Orlando) nell’aula bunker del carcere di Gazzi a Messina, nella giornata di ieri si è conclusa la requisitoria della pubblica accusa nel processo d’appello scaturito dall’operazione “Nebrodi”, scattata il 15 gennaio 2020 a seguito dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Messina, che con i Carabinieri e la Guardia di Finanza puntarono i riflettori sulla cosiddetta “mafia dei pascoli” e sul vasto sistema delle truffe in agricoltura con i fondi europei.  

Hanno discusso gli applicati, i sostituti procuratori della Direzione Distrettuale Antimafia peloritana Antonio Carchietti e Fabrizio Monaco che, in oltre quattro ore, hanno ricostruito l’intera vicenda. Ha concluso, ieri, il procuratore generale Giuseppe Lombardo. Al prossimo 10 maggio la discussione dei legali delle parti civili e a seguire le difese dei 95 imputati. Un conferma sostanziale della sentenza di primo grado, con in più il riconoscimento dell’associazione mafiosa che riguarda il gruppo dei Faranda ritenuto dalla Dda vicino ai Bontempo Scavo, gruppo che invece in primo grado è stato valutato come associazione a delinquere “semplice”. E poi alcune assoluzioni che vengono contestate con la nuova richiesta di condanna.

I magistrati dell’accusa, per il clan dei tortoriciani dei Batanesi e dei Bontempo Scavo che per decenni hanno organizzato le truffe agricole all’Unione Europea e all’Agea, hanno chiesto globalmente 26 conferme della sentenza di primo grado, 62 riforme, 2 dichiarazioni di prescrizione, 5 pene concordate. In tutto sono alla sbarra in appello 96 imputati di cui 9 in carcere (alcuni di loro sono al “41 bis”, saranno tutti collegati in videoconferenza) e 10 agli arresti domiciliari. Per il resto in 77 hanno seguito il maxi procedimento a piede libero. I punti contestati in appello dalla Procura di Messina della sentenza di primo grado, nell’atto d’appello, sono 53. Riguardano sostanzialmente il lungo elenco di assoluzioni parziali, le dieci totali, e poi le revoche di alcune confische. C’era anche la richiesta di riapertura del dibattimento per sentire in aula il neo collaboratore di giustizia, il barcellonese Salvatore Micale “Calcaterra”, ma la corte l’ha rigettata.

Il primo punto dell’atto d’appello è ritenuto fondamentale dai pm: il tribunale di Patti non ha considerato il gruppo dei Faranda, capeggiato da Aurelio Salvatore, come un’associazione mafiosa organica al gruppo dei Bontempo Scavo, ma come una associazione a delinquere semplice; secondo la Dda ci sono invece le prove, e le evidenze del dibattimento lo hanno confermato, che il gruppo dei Faranda dovrebbe essere considerato un’associazione mafiosa a tutti gli effetti, per la cosiddetta “unitarietà” della mafia in un determinato territorio.

Il maxiprocesso storico sulle truffe agricole della mafia tortoriciana che ha riguardato ben 101 imputati e la cui sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Patti infliggeva 90 condanne per un totale di oltre 640 anni di carcere, con pene che andavano dai 2 ai 30 anni; e poi di 10 assoluzioni totali e di una sola prescrizione totale. Tra le 90 condanne in soli due casi fu concessa la pena sospesa, per pene di 2 anni, poi si registrarono 50 assoluzioni parziali per altrettanti imputati e 33 casi di prescrizioni parziali (in quest’ultimo blocco per l’esclusione dell’aggravante mafiosa).L’altra architrave della sentenza riguardò le confische, per le aziende e per i singoli imputati, intorno ad una cifra di oltre 4 milioni di euro: 17 le aziende o imprese individuali confiscate. Ci furono poi ben 56 provvedimenti di confisca di somme a singoli imputati. Un altro aspetto fondamentale della sentenza furono i risarcimenti alle parti civili: per l’unico e coraggioso imprenditore costituito in giudizio, Carmelo Gulino, affiancato in questa battaglia dal circuito antiracket nazionale “Rete per la Legalità”, e poi per gli enti e le associazioni costituite al processo.

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