Messina, truffa e peculato: sequestrati 65mila euro a tre medici

di Redazione
30/09/2021

I finanzieri del Comando provinciale di Messina hanno sequestrato oltre 65.000 euro a tre dirigenti medici in servizio presso un ospedale cittadino, ritenuti, a vario titolo, responsabili dei reati di peculato, truffa aggravata e falso in atto pubblico.

L’operazione scaturisce da una indagine, coordinata dalla procura di Messina, finalizzata a verificare il rispetto della disciplina dell’esercizio dell’Attività libero professionale intramuraria (cosiddetta “Alpi”) da parte dei tre professionisti, di cui uno già raggiunto da provvedimento interdittivo lo scorso 9 settembre. Le indagini sono state condotte dagli specialisti in materia di spesa pubblica del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Messina, con il coordinamento del pool di magistrati della procura di Messina che si occupano di contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione.

Gli elementi raccolti nei confronti di Carmelo De Francesco, 66 anni, endocrinologo e Santi Sorrenti, 65 anni, cardiologo, hanno permesso di ricostruire un quadro indiziario i cui esiti, secondo il gip “costituiscono una sicura conferma alla sistematica attività di visite in studio privato” (non autorizzata), in quanto sono stati “trovati pazienti in attesa di essere visitati, agende e strumentazioni che comprovano la suddetta attività”.

Per un terzo medico, Francesco Mastroeni, 52 anni, il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto sussistente l’ipotesi di truffa aggravata ai danni dell’ente pubblico, per la percezione dell’indennità di esclusività, in quanto non avrebbe rispettato l’obbligo di unicità d’impiego.

In sostanza i professionisti, tutti operanti all’interno dello stesso ospedale, legati all’azienda sanitaria da un contratto che prevedeva un rapporto di esclusività, secondo i risultati delle indagini dei finanzieri, effettuavano visite specialistiche all’interno del reparto, richiedendo e ricevendo dai clienti il pagamento in contanti delle relative visite senza rilasciare ricevuta fiscale, e omettendo di versare all’azienda sanitaria la percentuale dovuta, oppure ricevevano i pazienti in studi privati non dichiarati al fisco. Uno dei medici indagati sarebbe arrivato, per chi richiedeva l’emissione del documento fiscale, comunque pagando in contanti, a far effettuare la prenotazione al Centro unico di prenotazioni solo a posteriori, in modo che l’ospedale emettesse una ricevuta che riportava, inevitabilmente, una data successiva alla visita effettuata.

Le indagini si sono concentrate sulle fasi gestionali delle prenotazioni delle visite, e la riscossione dei ticket, sentendo anche i pazienti che, nella quasi totalità dei casi, confermavano di aver effettivamente versato in contanti, nelle mani dei professionisti o loro delegati, importi dagli 80 ai 150 euro, senza aver effettuato alcuna prenotazione al Cup e senza ricevere, all’atto del pagamento, alcuna ricevuta delle somme pagate. I numerosi elementi raccolti, nell’ambito di due paralleli procedimenti penali, sono stati sottoposti al vaglio dei giudici del Tribunale di Messina che hanno disposto il sequestro preventivo per le ipotesi di peculato e truffa aggravata (a seconda dei casi), per una somma complessiva di oltre 65.000 euro.

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