Processo “Concussio”, Lo Re e Di Bella in Corte d’Appello per la terza volta

di Giuseppe Salerno
29/09/2023

Altro pesante intervento censorio della VI Sezione della Suprema Corte di Cassazione sulla sentenza di secondo grado del processo Concussio. La corte di Cassazione, per la seconda volta, rinvia alla Corte di Appello di Messina, la sentenza pronunciata dai giudici messinesi, che condannava Isabella Di Bella alla pena di anni 2 e 6 mesi di reclusione e Giuseppe Lo Re alla pena di anni 4, rimettendo il giudizio nuovamente nelle mani dei giudici della Corte d’Appello di Messina.

Gli ermellini, accogliendo la tesi difensiva sostenuta dagli avvocati  Alvaro Riolo e Giuseppe Serafino, annullano per la seconda volta una sentenza di secondo grado proveniente dalla Corte d’Appello di Messina rimettendo, ancora una volta nelle mani dei giudici messinesi il terzo giudizio.  

Si riparte tenendo conto della sentenza di secondo grado emessa dalla seconda sezione della Corte d’Appello di Messina, nel novembre 2022, la quale esprimendosi a seguito di un precedente rinvio della Corte Suprema, aveva addirittura escluso l’aggravante del metodo mafioso, rideterminando le pene ad entrambi, assolvendo Vincenzo Tamburello e annullando, senza rinvio, perché il fatto non sussiste, altri sei imputati

L’inchiesta, denominata “Concussio”, nell’aprile del 2018, aveva portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Messina su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo peloritana, allora guidata Procuratore della Repubblica Maurizio De Lucia nei confronti di Lo Re, Di Bella e Vincenzo Tamburello.  I tre – secondo gli inquirenti – avrebbero imposto il pizzo sui lavori di restauro delle opere di «Fiumara d’Arte», mentre era in corso la gara, indetta dal Comune di Mistretta, per i lavori di valorizzazione e fruizione del patrimonio artistico contemporaneo nebroideo.

Ma il castello accusatorio inizia a scricchiolare sin dal primo grado e l’assoluzione dell’ex consigliere di Mistretta, Tamburello, “per non aver commesso il fatto”, prospetta nuove visioni e molte perplessità sull’insieme di elementi, messi assieme dagli investigatori e dal PM che aveva coordinato le indagini, sui quali si basava l’inchiesta. Nelle motivazioni della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Messina, seconda Sezione Penale, in sede di rinvio della Corte di Cassazione, che assolve definitivamente l’ex consigliere comunale di Mistretta, Vincenzo Tamburello dall’accusa di “tentata estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso”, nell’ambito dell’inchiesta “Concussio”, viene marcata l’incongruità dell’impianto accusatorio in cui emerge, stranamente ed inspiegabilmente, come le vittime (parte lesa) sono insistentemente alla continua ricerca di coloro che vengono indicati quali carnefici.

Una vicenda con molteplici punti oscuri, dove però affiora tanta impudenza da parte degli investigatori che porta ad un clamoroso abbaglio giudiziario che ha segnato pesantemente e profondamente la vita di un uomo, Tamburello, e della sua famiglia, il quale ha dovuto attendere quattro per vedersi restituita la propria dignità vessata dalle dinamiche e dagli eventi, offesa dal sistema giudiziario, giudicata dalla società, e le vite degli altri 2 imputati, Lo Re e Di Bella, che ancora, colpevoli o innoccenti, devono subire l’eccessiva ed irragionevole lunghezza delle procedure giudiziarie che provocano ripercussioni dannose anche sul piano economico

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