I 50 anni dello Statuto dei Lavoratori: una vittoria di Brodolini con un po’ di Sicilia

di Antonio Matasso
20/05/2020

Buon compleanno, Statuto dei Lavoratori! Oggi è un anniversario tutt’altro che secondario per la storia di questo Paese: con la legge 300 del 20 maggio 1970, la Costituzione entra finalmente nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro. Dato che qualche anno fa, il presidente del Consiglio del tempo affermava che questa pietra miliare del diritto italiano non sarebbe dovuta alla sinistra e che la sinistra stessa non ne avrebbe votato il testo, ritengo utile rinfrescare un po’ la memoria a me stesso e agli altri.

Lo Statuto dei Lavoratori fu voluto da Giacomo Brodolini, ministro del Lavoro ed esponente di primo piano del Partito Socialista Italiano. Egli era arrivato nel Psi attraverso il Partito d’Azione e, militando nella componente socialista della Cgil, si era ritrovato vice segretario nazionale di quel sindacato.

Proprio riguardo l’impegno sindacale del compagno Brodolini, vorrei ricordare un fatto significativo. Nel 1956, quando i carri armati sovietici entrarono a Budapest, soffocando la rivoluzione democratica e socialista del popolo ungherese, guidata dal compagno Imre Nagy, fu proprio Brodolini a scrivere un documento di condanna di quell’aggressione imperialista dell’Unione Sovietica. L’allora segretario nazionale della Cgil Giuseppe Di Vittorio, iscritto al Partito Comunista, ma con una solida militanza socialista alle spalle, condivise quel testo, che fu approvato all’unanimità da tutta la segreteria confederale della Cgil. La cosa ovviamente mandò su tutte le furie il gruppo dirigente comunista, monoliticamente filo-sovietico. Se dapprima si tentò di scaricare la colpa sui “soliti socialisti” deviazionisti, incapaci di comprendere la “lungimiranza” delle decisioni della dittatura del Cremlino, quando poi Di Vittorio chiarì che lui e tutti i suoi condividevano quella condanna contro l’Urss, si aprì il processo interno al Pci contro il segretario nazionale della Cgil. Alla fine, il povero Di Vittorio, minacciato in maniera pesante, fu costretto dal suo partito ad abiurare ciò di cui era intimamente convinto. Trovò il modo di ribadire comunque ai dirigenti comunisti, in privato, la sua opinione in merito: «i sovietici non sono dei compagni, sono dei delinquenti!».

Brodolini mantenne quel punto e, dopo un lungo impegno sindacale, divenne finalmente ministro in uno dei governi di centro-sinistra, guidato dal democristiano Mariano Rumor. Appena nominato, da nuovo inquilino di via Flavia fu lui ad incaricare un altro socialista, il giurista e docente universitario Gino Giugni, di presiedere la commissione che scrisse materialmente lo Statuto dei Lavoratori, la grande riforma a cui Brodolini anelava da anni. Non fece in tempo a vederne l’approvazione, dato che morì di cancro nel luglio del 1969. Alla fine l’opera fu completata da Carlo Donat Cattin, sindacalista democristiano di sinistra e nuovo ministro del Lavoro, che si attenne rigorosamente al lascito del suo predecessore e confermò piena fiducia a Giugni e a tutto il suo gruppo di lavoro. La legge 300 del 1970 fu poi votata da Democrazia Cristiana, Partito Socialista, Partito Socialista Democratico e Partito Repubblicano, per la maggioranza di governo, e solo dal Partito Liberale per l’opposizione. Tutti gli altri partiti si astennero. Tirando le somme, Psi, Psdi e Pri, cioè ben tre partiti di sinistra, vollero e votarono lo Statuto dei Lavoratori.

Dunque, quando si parla di sinistra, bisognerebbe ricordarsi che in Italia c’è stata sinistra e sinistra. C’è stato chi ha condannato l’atroce aggressione sovietica all’Ungheria e chi no. Così come c’è stato a sinistra chi ha voluto – eccome! – che la Costituzione entrasse una buona volta anche nei luoghi di lavoro, con comportamenti coerenti rispetto a tale obiettivo.

In questa vittoria del popolo lavoratore, vi è anche un po’ di Sicilia: Brodolini volle accelerare la gestazione dello Statuto anche per rendere giustizia ai contadini di Avola uccisi il 2 dicembre del 1968, mentre protestavano per chiedere nuovi diritti e tutele. Seppur segnato da quel vergognoso eccidio e da altri avvenimenti sanguinosi, il cammino dei lavoratori continua anche grazie ad un ministro che era dalla loro parte e che si recò fino ad Avola per testimoniarlo.

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