Concussio, concessi i domiciliari a Vincenzo Tamburello

di Giuseppe Salerno
16/09/2019

Concessi gli arresti domiciliari a Vincenzo Tamburello, il 42enne di Mistretta imputato per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, nel processo in corso al Tribunale di Patti scaturito dall’operazione Concussio basata sulle verosimili richieste di pizzo mentre era in corso la gara, indetta dal Comune di Mistretta, per i lavori di valorizzazione e fruizione del patrimonio artistico contemporaneo delle opere di «Fiumara d’Arte».

I legali del commercialista mistrettese, Alessandro Pruiti ed Eugenio Passalacqua, ai fini dell’attenuazione della misura, dopo l’udienza dello scorso 12 settembre, avevano presentato la richiesta per gli arresti domiciliari, finora rifiutata, che, il collegio giudicante, formato dal presidente Ugo Scavuzzo, giudici Eleonora Vona e Francesco Torre, accoglie, nonostante l’opposizione da parte del Pubblico Ministero, Francesco Massaro.

Revocata dunque la detenzione in carcere alla quale Vincenzo Tamburello si trovava sottoposto dal 20 aprile 2018 grazie, essenzialmente, alle dichiarazioni rese in aula, qualche giorno fa, dalla parte offesa: la coppia di coniugi imprenditori edili, Rosario Fortunato e la moglie Barbara Scaffidi che, il 23 gennaio 2016, convocati per la terza volta dai Carabinieri del Comando di Messina, denunciavano una tentata estorsione, con l’aggravante del metodo mafioso, perpetrata a loro danno dal consigliere comunale amastratino.

Marito e moglie dinnanzi al Collegio giudicante, qualche giorno a dietro, hanno più volte ribadito che a chiedere loro la mazzetta di 50 mila euro era stato solo il soggetto Pino Lo Re, al quale la coppia di impresari si era rivolta per il tramite di Isabella Di Bella, la cartomante acquedolcese la quale, dopo che si era consumato l’incontro da cui era emersa l’estorsione di Lo Re – secondo quando raccontato dai titolari dell’impresa – frequentemente incalzava i coniugi suggerendo loro di iniziare a versare quanto pattuito, anche un po’ alla volta.

Nell’udienza del 12 settembre dalle dichiarazioni rese dell’amministratore unico dell’impresa Pegaso SRL e dalla moglie dello stesso, affiora che i coniugi avrebbero denunciato Vincenzo Tamburello, un anno e mezzo prima rispetto alla querela presentata, il 25 settembre 2017, nei confronti di chi, materialmente, avesse tentato di estorcere loro 50 mila euro (Pino Lo Re e Isabella Di Bella). Probabilmente, dall’idea che noi ci siamo fatti, i titolari dell’impresa avranno valutato il commercialista, consigliere comunale amastratino, chiamato in causa da Pino Lo Re per attenzionare la questione “assegnazione lavori a favore dell’impresa aggiudicatrice”, al municipio di Mistretta, soggetto inoffensivo, “poco e per nulla pericoloso”, rispetto all’idea che si erano fatti sul Lo Re.

Seguendo con attenzione tutte le udienze del processo – sulla scorta di testimonianze e deposizioni, finora rese in aula, emerge che la coppia di coniugi imprenditori edili, Rosario Fortunato e la moglie Barbara Scaffidi, non potevano e non volevano pagare il pizzo impostogli su un lavoro che la loro impresa si era aggiudicato lecitamente, ma che stranamente – riferiscono – non gli veniva materialmente assegnato. I due si rivolgono alla cartomante Di Bella che li conduce dal nipote Pino Lo Re, dipingendo lo stesso come un esponente della malavita che aveva il controllo del territorio, legato alla mafia, capace di risolvere qualsiasi problema.

Un mafioso di grido che avrebbe persino ospitato un latitante per un periodo in una sua villa di Caronia Marina. Lo Re chiede le 50 mila euro e dice loro di essere in grado di risolvere il loro problema affermando, tra l’altro: “per fare funzionare gli ingranaggi ci vuole l’olio”. Racconta ai due giovani impresari di avere un amico consigliere al Comune di Mistretta con il quale li avrebbe presto messi in contatto. Qui entra in scena Vincenzo Tamburello. Contattato da Pino Lo Re Tamburello, a sua volta, contatta i due impresari manifestando loro la propria disponibilità, sulla base della richiesta dell’amico o conoscente (Lo Re) dichiarandosi disponibile a dare una mano per risolvere la questione.

Tamburello incontra diverse volte i due, va in Comune per chiedere come mai i lavori aggiudicati non vengono affidati, tranquillizza i coniugi dicendo loro di non preoccuparsi, che avrebbe fatto il possibile per aiutarli. Tutto ciò – affermano in aula marito e moglie – all’oscuro del fatto che Pino Lo Re avesse chiesto loro 50 mila euro come tangente. O meglio, entrambi i coniugi dichiarano di non aver mai detto a Tamburello che Pino Lo Re avesse chiesto loro il pizzo che – a detta del presunto estorsore – doveva essere suddiviso tra la signorina Maria Rampulla e i due geometri del Comune di Mistretta.

Tamburello viene a conoscenza della richiesta di Lo Re solamente nell’ultimo incontro avuto con marito e moglie titolari dell’impresa, presso lo studio dove svolgeva la professione di commercialista. Fu quella l’occasione in cui – dichiara la coppia di coniugi imprenditori edili – il Tamburello venne a sapere per bocca nostra della tangente pretesa da Lo Re per “riavviare gli ingranaggi”. Proprio in quell’occasione Tamburello afferma: “Già Pino si lampiàu…ora ci penso io a mettere le cose a posto. Ci parlu io cu Pinu”.

La cose, però, nel breve periodo, non cambiarono. L’impresa continuava a non avere assegnati i lavori e la cartomante, che di tanto in tanto i due coniugi incontravano, continuava a sollecitare loro il versamento di qualche rata della tangente. La coppia di impresari non sa più che fare per risolvere la questione. Su una cosa entrambi i coniugi erano d’accordo: non pagare la tangente. Raccontano la storia ad un loro amico, maresciallo dei carabinieri, il quale li accompagna al Comando Provinciale dei Carabinieri di Messina per formalizzare una denuncia. Denuncia querela che i due non volevano proprio sottoscrivere soggezionati dal “curriculum” di Pino Lo Re e dalla fama di Maria Rampulla sulla quale, gli stessi, dichiarano di aver cercato informazioni su internet, rimanendo sconvolti.

Fanno avanti e indietro dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Messina diverse volte, convocati ed invitati a sporgere denuncia dagli stessi militari che in tutta la storia avevano chiaramente accertato notizie di reato. Alla terza convocazione arriva la genialata della coppia. I coniugi imprenditori edili, Rosario Fortunato e la moglie Barbara Scaffidi, decidono di accettare l’invito dei carabinieri e querelano Vincenzo Tamburello. Attenzione: non chi gli aveva cercato di estorcere 50 mila euro (Lo Re) e nemmeno chi invitava loro ad iniziare a versare le rate del pizzo (Isabella Di Bella), ma colui il quale gli aveva detto di non versare nulla che si era preso l’impegno di dissuadere Lo Re a pretendere il pizzo in cambio dell’affidamento immediato dei lavoro; colui il quale gli suggerisce – secondo quanto da loro stessi dichiarato – di non dare ascolto alla proposta del RUP di falsificare lo stato di avanzamento lavori; viene querelato Vincenzo Tamburello.

Il commercialista amastratino non aveva né il curriculum di Pino Lo Re, né tantomeno nomea di Maria Rampulla, sarebbe stato l’uomo ideale da indicare per avviare l’indagine e scrollarsi di dosso l’enorme peso della tangente, ma soprattutto da querelare accendendo i riflettori sulla vicenda, senza nulla rischiare. Colui il quale ogni volta li accoglieva a Mistretta, si interessava della questione loro, offrendogli cordialmente persino il caffè dopo ciascun incontro – per i due impresari – non era certo il tipo di fare violenza o ritorsioni. E’ la stessa Barbara Scaffidi, moglie e socia di Fortunato Rosario, amministratore unico dell’impresa Pegaso SRL, a sgonfiare l’accusa nei confronti di Tamburello dicendo, riferendosi allo stesso, “è una brava persona” e poi: “di Pino Lo Re avevamo paura”. Dichiarazioni che non sappiamo quanto e se riusciranno a dare una sterzata all’andamento del processo, mitigando l’incisiva veemenza dell’accusa, ma che di certo a determinato l’accoglimento della richiesta di attenuazione della misura a favore di Tamburello che oggi, se pur ai domiciliari, dopo 17 mesi torna a casa sua.

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