In riferimento al pezzo pubblicato da questa testata giornalistica su quelle che Nicola D’Agostino, parlamentare regionale di Italia Viva, componente della Commissione regionale Antimafia, considera stranezze sull’attentato all’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, corre l’obbligo, da parte nostra, mettere a disposizione del lettore le risposte ufficiali della Magistratura ai 28 quesiti sollevati dal parlamentare regionale, che abbiamo estrapolato da atti ufficiali.
Per integrità di cronaca ci è sembrato corretto riportare anche quanto testualmente sottoscritto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, Simona Finocchiaro, che ha disposto l’archiviazione dell’indagine «bis» sull’agguato mafioso, avvenuto la notte del maggio del 18 maggio 2016.
«Sebbene le indagini non abbiano consentito di risalire agli autori dell’attentato, delle sue modalità e al movente la conclusione raggiunta dalla Commissione d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia ossia che l’ipotesi il fallito attentato mafioso sia la meno plausibile, appare preconcetta e comunque non supportata da alcun dato probatorio».
La Gip, senza tanti giri di parole, non ha condiviso molti dei dubbi sollevati dalla relazione della Commissione, presieduta dall’onorevole Claudio Fava, ritenendo che sulla ricostruzione fatta all’Autorità giudiziaria, sulle persone presenti durante l’attentato «non si ravvisano elementi nemmeno iniziare per sostenere i soggetti coinvolti nella vicenda abbiano reso dichiarazioni false sulla dinamica dei fatti».
«Più esplicitamente – scrive nero su bianco il giudice Finocchiaro – eventuali illazioni sul coinvolgimento di Antoci degli uomini e della sua scorta o ancora di Daniele Manganaro e di Granata (i due poliziotti che arrivarono durante l’agguato e ingaggiarono un conflitto a fuoco, mettendo in fuga gli attentatori. Ndr) appaiono pure elucubrazioni mentali non corroborate da alcun dato probatorio, non potendosi ritenere tale la sussistenza di eventuali incongruenze o dubbi nella dinamica dei fatti».
Riportiamo di seguito, dunque, l’elenco delle contraddizioni, che secondo Nicola D’Agostino si riscontrano sulla ricostruzione delle dinamiche dell’attentato Antoci, e le osservazione, punto per punto, della Magistratura estrinsecate dagli atti delle due indagini:
Atti d’indagini: Il verbale di sopralluogo redatto dalla squadra Mobile descrive le due carreggiate della strada invase da massi di perso che si aggirava intorno ai 10/15 chili, come dichiarato dal capo della squadra Mobile dott. Anzalone.
Atti d’indagini: Qualche secondo dopo gli spari sopraggiungeva la seconda auto della Polizia con a bordo il vice Questore aggiunto Daniele Manganaro e l’assistente capo Tiziano Granata che ingaggiavano immediatamente un conflitto a fuoco, supportati tempestivamente dagli uomini di scorta. L’unica auto utilizzabile era la seconda e non la blindata offesa ed impossibilitata a fare marcia indietro.
3. D’Agostino: La vittima non doveva scendere dall’auto e fare trenta metri allo scoperto per entrare in un’altra auto non blindata: quello era il momento del peggior pericolo.
Atti d’indagine: Il Procuratore Cavallo, riferisce alla Commissione regionale Antimafia: “ atto assolutamente sensato”
Atti d’indagini: Il rifugio del Parco si trovava a due chilometri di strade di montagna rispetto all’attentato.
Atti d’indagini: La magistratura afferma che anche il luogo era stato scelto con cura proprio perché sprovvisto di telecamere privo di segnale per l’uso di telefoni cellulari
Atti d’indagini: il dott. Manganaro si spostava per raggiungere Antoci. Il sindaco di Cesarò al municipio gli dice vicequestore aggiunto, quanto poi conferma nell’interrogatorio alla DDA di Messina: “stasera non mi sta piacendo questa situazione.” Il Magistrato: “ Cosa temeva sindaco?” Risp.“Temevo qualcosa di brutto… un omicidio. In giro c’erano persone nominati dalla legge… vicino ai Pruiti”
Su questi elementi la Commissione di avanzamento della Polizia, che ha valutato i comportamenti e l’operato degli uomini della scorta, ha concesso promozione per merito straordinario e medaglia al valore
Su questi elementi la Commissione di avanzamento della Polizia, che ha valutato i comportamenti e l’operato degli uomini della scorta, ha concesso promozione per merito straordinario e medaglia al valore
Atti d’indagini: la Scientifica relaziona scrivendo che un’arma sola è stata utilizzata nell’agguato, ma non riferisce il numero di persone. Per l’esattezza il corpo speciale di Polizia parla di sicari. Il giudice Fiorentino: “attentato meticolosamente studiato con la presenza di più soggetti che monitorarono, quella sera, i movimenti di Antoci”
Atti d’indagini: La perizia della Scientifica chiarisce che era possibile vedere le ombre. Ciò è stato evidenziato nella simulazione effettuata di notte con le stesse condizioni di quella sera con un margine di errore – secondo la Polizia – che rasenta lo zero.
Atti d’indagini: Nessun inseguimento nel bosco risulta agli atti
Su questi elementi la Commissione di avanzamento della Polizia, che ha valutato i comportamenti e l’operato degli uomini della scorta, ha concesso promozione per merito straordinario e medaglia al valore
Atti d’indagine: Dopo circa 20 minuti il territorio era pervaso di forze di polizia e sul luogo dell’attentato erano presenti Polizia di Stato, Carabinieri e, successivamente, la Squadra Mobile di Messina
Atti d’indagini: la ricostruzione della Scientifica di Roma ricostruisce, in 3 D, l’accaduto utilizzando una tecnica innovativa mai utilizzata in Italia. La stessa con la quale è stato ricostruito l’attentato di via D’Amelio. In tale ricostruzione la Scientifica scrive: “tutto corrisponde alla perfezione armonicamente con le dichiarazioni dei soggetti coinvolti nella scena dell’attenteato”
Atti d’indagini: la Scientifica rileva e sostiene che i colpi servivano a colpire la ruota posteriore sinistra, per fermare l’auto. Successivamente le molotov sarebbero servite per incendiare il mezzo costringendo gli occupanti a scendere dall’auto con le “nefaste conseguenze”
Atti d’indagini: Come sopra evidenziato i colpi dovevano servire a bucare la ruota posteriore sinistra, non la blindatura
Atti d’indagini: le bottiglie incendiarie, secondo le indagini, sono rimaste inutilizzate per via dell’immediato inizio di conflitto a fuoco che non avrebbe permesso agli assalitori di mettere in atto la seconda parte del piano.
Atti d’indagini: L’obiettivo – secondo gli esperti – era bucare la ruota e poi attendere l’uscita dall’auto degli occupanti
Atti d’indagini: La Magistratura in tutte le ricostruzioni parla di più soggetti e mai fa riferimento a decine. Nessuna valutazione sulla fuga.
Atti d’indagini: Nell’interrogatorio reso alla DDA, il sindaco di Cesarò conferma le sue paure. “Temevo qualcosa di brutto… un omicidio”. Calì dichiara altresì: “…hanno ammazzato Calasciura, hanno ammazzato Caputo e non si è mai saputo niente”. Il Magistrato: “quando ha saputo dell’attentato?” Calì: “la mattina seguente… le mie paure non erano infondate”
Atti d’indagine: Il procuratore Cavallo afferma, anche in commissione regionale Antimafia, che la Magistratura per indagini di un certo livello si serve dei ROS, della DIA… con buona pace del maresciallo.
Atti d’indagini: Il procuratore Cavallo afferma, anche in commissione regionale Antimafia, che i soggetti interessati, noti alla magistratura, intercettati dimostravano la massima cautela nelle conversazioni telefoniche effettuando, in maniera maniacale continue bonifiche sulle proprie autovetture alla ricerca di microspie
Atti d’indagini: Le intercettazioni telefoniche hanno dimostrato in più indagine, portate avanti dalla DDA di Caltanissetta e quella di Messina, il rancore e la volontà di uccidere Antoci. DDA Caltanissetta: “a questo cornuto gli dobbiamo sparare nel cervello” DDA di Messina/ Ros: “ci vogliono 5 colpi per farla finita con sto Antoci”
Atti indagini: I colpi erano due, ma sono stati sentiti in lontananza, a monte. Sul luogo dell’agguato, al momento degli spari, c’erano già Polizia e Carabinieri.
Atti d’indagini: Il commissariato di Sant’Agata Militello risulta avere fatto solo servizio di remotizzazione (Ascolto telefoni) per qualche dispositivo. In quel territorio dei Nebrodi si parla anche il dialetto sanfratellano, comprensibile solo a persone del luogo. Il Commissariato non ha mai svolto indagini relativi all’attentato se non quelli inerenti ai soggetti interessati e coinvolti nell’agguato. L’informativa finale è firmata solamente dalla Squadra Mobile e dallo SCO.
Atti d’indagini: Nessun confronto è mai stato fatto. L’ex poliziotto in questione che solleva dubbi, il 12 aprile 2017, nell’interrogatorio alla DDa, dichiara: “Non ho mai fatto indagini… non sono mai stato coinvolto”
Atti d’indagini: Su tale riscontro dagli atti non si evincono interrogatori a giornalisti. Alcuni giornalisti risultano però essere stati rinviati a giudizio per diffamazione aggravata per articoli inerenti all’attentato Antoci. Il Tribunale di Patti, sull’argomento attentato ha emesso sentenza di condanna risarcitoria per euro 26.000 per diffamazione ai danni dell’ex Presidente del Parco.
Atti indagini: GIP Finocchiaro sulla relazione alla quale hanno lavorato il poliziotto ed il magistrato: “…eventuali illazioni sul coinvolgimento di Antoci degli uomini e della sua scorta o ancora di Daniele Manganaro e di Granata appaiono pure elucubrazioni mentali non corroborate da alcun dato probatorio.”