Il caso Antoci: il silenzio di Renzi e la solitudine di Peppe

di Salvo Lapietra
15/02/2018

Lo scontro tra il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci e l’ormai ex presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci detto Peppe ha un convitato di pietra: Matteo Renzi. Inutile girarci attorno e far finta di niente perché il segretario del Partito democratico ha una grande responsabilità e pochissime attenuanti. Lasciamo correre che, appartenendo Antoci alla “famigerata” corrente di Emiliano e alla cordata siciliana Lumia-Crocetta, non sia stato candidato alle politiche.

Quello che colpisce di più in questa vicenda è il silenzio dei vertici nazionali del partito: non un intervento pubblico, non un comunicato, non un post su twitter, non una parola. Almeno per dimostrare in giro che Antoci non è solo. Perché è questa la sensazione che si ha: quella di un uomo usato come icona, come santino da portare in giro a testimonianza dell’impegno antimafia del Partito democratico e ora miseramente scaricato e lasciato solo. Quali possano essere le conseguenze non stiamo qui a ricordarlo. Certo, Musumeci ha una grande responsabilità, quantomeno sul piano dell’opportunità politica: poteva aspettare la scadenza naturale del mandato ed evitare  che il suo atto diventasse un formidabile segnale politico per chi, in questi anni, ha sempre visto Antoci come il fumo negli occhi.

Ma certamente è più grande la responsabilità di un partito che ha voluto Antoci alla Leopolda, lo ha piazzato in direzione nazionale con una fantastica delega alla Legalità, lo ha mandato a destra e a manca a rappresentare valori e impegno civile e ora, nel momento in cui l’ex presidente del Parco si trova in difficoltà, quel partito non trova il modo di dare un sostegno chiaro e visibile a un suo dirigente che, fino a prova contraria, ha servito con lealtà il partito.

Antoci ha un grande merito: aver messo al centro del dibattito politico sui Nebrodi e non solo la lotta alla criminalità organizzata, il rispetto delle regole, lo sviluppo fatto di qualità. Sono tutti elementi di rottura, che hanno messo in seria discussione poteri consolidati, rendite di posizione di politici di vario genere fondate sulla collaborazione con gli amici degli amici. Il protocollo Antoci è importante non solo perché fissa regole severe ma anche perché trasmette un messaggio chiaro: non c’è spazio per i mafiosi e i loro affari. Sia chiaro: noi non pensiamo che l’antimafia sia la spilletta che consente a tutti di rimanere inchiodati alle poltrone. Ma vogliamo ricordare qui le parole di Giovanni Falcone: “Si muore perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno”.

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