Cesarò, azienda Mezzalona chiude: “Causa omissioni dell’ex Provincia”

di Giuseppe Salerno
28/12/2021

L’azienda zootecnica casearia di Cesarò, Società Agricola Mezzalona, ha deciso di gettare la spugna e chiudere battente mandando a casa 5 dipendenti. Un’azienda, nel cuore del Parco dei Nebrodi, che negli anni è cresciuta grazie alla dedizione dei fratelli Fabio, chiude per l’indifferenza e la noncuranza resi evidenti dal comportamento della politica la quale ha decretato la fine di una realtà produttiva, frutto di una passione che trae origini da un’antica consuetudine familiare e ha visto il capostipite tra i grandi allevatori e affinatori di prodotti caseari di questa area nebroidea.

La politica a cui facciamo riferimento è quella populistica, quella delle chiacchiere, che segna l’epoca che stiamo vivendo, i cui rappresentanti si riempiono spesso la bocca parlando di “sviluppo dei territori.” Che c’entra il “fallimento” di un’azienda zootecnica con la politica? C’entra…C’entra. E ve lo spieghiamo in modo chiaro e comprensibile a tutti, partendo dalla fine. Dalla consegna della licenza dell’attività, da parte di Massimo, il titolare dell’Azienda, al Prefetto di Messina, al quale l’imprenditore di origini galatese, qualche giorno fa, ha spiegato anche i motivi che lo hanno costretto a prendere questa sofferta decisione.

Motivi che non hanno nulla a che vedere, come sarebbe forse scontato a primo impatto immaginare, con fenomeni criminali o con periodi di crisi aziendale legati a problematiche di produzione e di commercializzazione dei prodotti. La Società Agricola Mezzalona, che ha sede a Cesarò, sommersa da richieste di prodotti lattiero caseari, attraversava un fiorente periodo e negli anni era addirittura riuscita ad affinare anche un sistema di vendita con una forma di commercializzazione che mette in contatto il produttore e consumatori, saltando tutte le fasi intermedie e costose della filiera.

La decisione di chiudere, come lo stesso titolare spiega al Prefetto, è “per gravi omissioni della pubblica Amministrazione, nello specifico della Città Metropolitana di Messina” che ha indirettamente contribuito alla semi distruzione di un tratto di strada di sua proprietà, la SP 167, unica arteria che consente, o meglio consentiva, di raggiungere agevolmente il caseificio, dov’era possibile degustare e acquistare i prodotti caseari tipici.  Le condizioni pessime della strada, principalmente al km 17+100, sono state causate da un privato che, per rendere agevole il transito a mezzi pesanti su quell’arteria che non era in grado di reggerli, metteva in opera interventi di riempimento utilizzando del materiale inerte che otturando un tombino deputato alla raccolta e al deflusso acque inibisce lo sversamento delle stesse nel torrente determinando un movimento franoso.

A seguito di svariate segnalazioni, che mettevano in risalto il problema venutosi a creare, qualcuno è intervenuto con un intervento pensato per rimettere le cose a posto. Ma lo stato iniziale dei luoghi non venne mai correttamente ripristinato, anzi dall’intervento viene fuori un restringimento anche della carreggiata che mette in serio pericolo gli automobilisti che rischiano di finire nella scarpata sottostante. L’impraticabilità dell’unica strada di collegamento, dal km 16+500 al km 23, oggi non permette più ai mezzi di raggiungere l’Azienda, sia per rifornirla di materie prime (mangimi, foraggi, gasolio…) che per consentire la commercializzazione dei beni in uscita (vitelli destinati al macello, prodotti caseari destinati al mercato…) determinando una crisi senza fine che sta portando alla triste cessazione dell’attività

Ma la cosa che fa rabbia è che di fronte alle continue richieste di aiuto, la Città Metropolitana di Messina, per ciò che attiene alle proprie competenze tecniche, nonostante le diverse sollecitazioni, continua a fare orecchie da mercante. Esattamente come continuano a fare gli amministratori politici dell’ex provincia regionale che, a conoscenza della problematica, fanno come lo struzzo che nasconde la testa nella sabbia. Oramai hanno imparato a vivere la sofferenza dell’altro con distacco e indifferenza. Quello che accade, a un palmo del loro naso, non li riguarda, non gli interessa, non è affar loro e la cosa grave è che nessuno si sente responsabile di questo.  Quando le grida di aiuto di un individuo, o meglio di un imprenditore che ha alle dipendenze 5 unità lavorative, non vengono ascoltate, lo stesso non si sente rappresentato e non sa che farsene dei suoi diritti di cittadino perché non si traducono più in realtà, siamo davanti ad una vera e propria crisi della democrazia.

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