La morte “naturale” di Tiziano Granata, la testimonianza dell’ex compagna

di Davide Di Giorgi
03/10/2019

Come sono morti il sovrintendente Calogero Emilio Todaro e l’assistente capo Tiziano Granata, due più fidati collaboratori del vice questore Daniele Manganaro? E’ uno degli interrogativi irrisolti che emerge dalla relazione della Commissione regionale antimafia sull’attentato all’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci.

I due poliziotti (Granata era l’autista di Manganaro la notte dell’agguato ad Antoci mentre Todaro fu tra i primi ad intervenire sul luogo del crimine, in qualità di responsabile della sezione di polizia giudiziaria del commissariato di Sant’Agata di Militello) muoiono a distanza di un giorno l’uno dall’altro. Granata, il 1° marzo 2018 per arresto cardiocircolatorio. Todaro, l’indomani, a seguito di una leucemia fulminante. Per queste morti, la Commissione “ha chiesto che vengano riaperte le indagini”. Todaro, proprio per il suo ruolo di responsabile della sezione polizia giudiziaria, è anche l’operatore che avrebbe seguito le indagini sull’agguato, in co-delega con la squadra mobile di Messina, per conto del commissariato di Sant’Agata di Militello.

La stampa è la prima ad avanzare dubbi sulla tragica coincidenza delle due morti, definendole sospetti e ad accostare i loro nomi all’azione di contrasto inaugurata dal presidente Antoci e quindi alla vicenda del fallito attentato. Anche Manganaro e la compagna di Granata, Lorena Ricciardello, hanno perplessità sul fatto che si tratti di due decessi per cause naturali.

Ricciardello, in particolare, ha descritto alla Commissione quale fosse lo stato d’animo di Granata sia nei mesi successivi all’agguato che nei giorni immediatamente precedenti alla sua morte. Era preoccupato, diceva che bisognava stare attenti e faceva anche attenzione a dove si muoveva, nel senso che si guardava sempre attorno.

Inquietante la dichiarazione ai componenti della commissione antimafia: “Per quanto riguarda questo infarto – racconta la compagna di Granata – che non è un infarto… ma un arresto cardiocircolatorio… l’arresto cardiocircolatorio, è vero ti può anche uccidere. Ma c’è un vuoto nella giornata del 28, in cui non si hanno notizie di Tiziano, del suo telefono. Se hai un arresto cardiocircolatorio, non è che rimani 24 ore comatoso nel letto. Ti puoi comunque muovere, riesci a prendere il telefono, fino a quando c’è l’exitus… Io ho sempre pensato, allora lo dissi anche al Pm Bonanzinga, che sospettavo anche di un avvelenamento. Perché nel periodo in cui ero scesa in precedenza, quando festeggiamo il suo compleanno che fece quarant’anni, Tiziano senza mangiare così doveva evacuare velocemente, andare in bagno… ”.

Quanto tempo prima questo? chiede il presidente della Commissione antimafia, Claudio Fava.

“Lui ha fatto il compleanno il 14 di febbraio. (…) – dice Ricciardello – Poi un’altra cosa… l’allarme che c’era qualcosa che non andava l’ho lanciato io da Genova, chiamando suo fratello, perché comunque non sentendoci più all’improvviso, per me c’era qualcosa che non andava. La sera (del decesso ndr) Tiziano mi ha risposto al telefono, per tutta la giornata il suo telefono era chiuso o mi rispondeva la segreteria… quindi non so dire se era chiuso o meno perché comunque sono sempre le linee telefoniche, però la telefonata mi è partita più volte la sera, intorno alle 20, 20.28, ed ero io che staccavo la chiamata, perché non sentivo parlare dall’altro lato… Io telefonavo a Tiziano e nel mio telefono risultava che avevano risposto dall’altro lato, i minuti scorrevano e non c’era nessuna voce. Allora io riattaccai e rifeci questa situazione per altre quattro volte, e per quattro volte mi è stato risposto. Non ho sentito niente dall’altro lato… ero io che poi staccavo, cioè io sono stata anche 25, 30 secondi”.

Sulle morti di Todaro e di Granata, com’è noto, l’autorità giudiziaria ha già fornito una risposta. A seguito dei due decessi sono state avviate due inchieste: una condotta dalla Procura di Messina, territorialmente competente per il decesso di Todaro; l’altra, sulla morte di Granata, da quella di Patti. L’epilogo è identico per ambedue i procedimenti: archiviazione. Il gip di Messina emetterà il suo provvedimento il 26 settembre 2018. Quattro mesi più tardi, invece, il 26 novembre 2018, si pronuncerà quello di Patti.

I dubbi manifestati da Lorena Ricciardello e Daniele Manganaro però non trovano riscontro negli accertamenti tecnici che escludevano avvelenamenti o cause esogene né le anomalie sopra indicata dalla prima (il cellulare lontano dal cadavere di Granata, la telefonata muta e l’ordine in casa) sembravano assumere rilievo causale o concausale con l’evento morte.

Dunque vicenda chiusa. O forse non definitivamente, a giudicare dalle parole che il procuratore di Patti, Angelo Cavallo, ha consegnato alla commissione in chiusura della sua audizione: “Vero è anche che ci troviamo di fronte a delle archiviazioni che sono provvedimenti per loro natura temporanei. Nel momento in cui noi dovessimo avere delle indagini, degli spunti seri, siamo prontissimi a riaprire le indagini non soltanto sulla morte di Granata, ma anche sull’attentato ad Antoci e quant’altro. Questi provvedimenti non sono delle pietre tombali, sono dei provvedimenti che si fanno perché ad un certo punto di dice: “noi le indagini le abbiamo fatte, non abbiamo altri spunti, per ora le chiudiamo”. Se un domani si alza un collaboratore che ci viene a dire x o y, sono sicuro che la procura di Messina sarà la prima a riaprire eventuali indagini”.

 

 

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