Mafia: attentato ad Antoci, ci sono dodici indagati

di Nino Dragotto
16/05/2017

La direzione distrettuale di Messina ha inviato una dozzina di notifiche ad altrettante persone residenti ne i paesi dei Nebrodi ed in particolare a Cesarò e Tortorici per completare le indagini relative al loro coinvolgimento nel vile attentato compiuto nella notte del 17 maggio dello scorso anno nei confronti del Presidente del Parco dei Nebrodi.

Sarebbero una dozzina le informazioni di garanzia spiccate nelle indagini per risalire agli autori dell’agguato al Presidente del Parco Giuseppe Antoci, organizzato nel bosco tra San Fratello e Cesaró.

A quanto trapela le informazioni di garanzia condurrebbero all’esecuzione di esami scientifici da confrontare con i reperti prelevati sulla scena dell’agguato Giuseppe Antoci, al rientro da Cesarò per una manifestazione. L’auto, su cui viaggiava il Presidente Antoci unitamente alla sua scorta è stata presa di mira e ne è seguito un conflitto a fuoco, a cui ha partecipato anche una seconda macchina della Polizia giunta subito dopo, con a bordo il dirigente del commissariato della polizia di Stato di S.Agata Militello , vicequestore Daniele Manganaro.

Il “protocollo Antoci definito e siglato con la prefettura di Messina, ha sferrato in effetti un duro colpo alle agromafie del territorio e ai loro affari milionari prevedendo l’obbligo per i concessionari dei terreni demaniali di presentare il certificato antimafia anche sotto il già previsto valore di 150mila euro. Le linee guida tracciate dal protocollo, sono il vademecum in tutta la nazione, per dire stop alle infiltrazioni mafiose in agricoltura, da sempre considerata un terreno fertile per fare affari. Secondo una ricerca Eurispes-Coldiretti, il business delle agromafie ha raggiunto nel 2015 il valore di 16 miliardi di euro.

Il Ministero delle Politiche Agricole si è impegnato i su due fronti: impedire l’accesso dei mafiosi ai fondi europei destinati all’agricoltura e accrescere i controlli sull’assegnazione di beni demaniali e sul possesso dei terreni». «Sulle risorse europee si è puntato a segnalare alle prefetture tutti i beneficiari sopra una certa soglia minima, affinché sia fatto un controllo antimafia che non gravi sulle aziende in regola con carichi burocratici. La lotta all’affare dei pascoli promossa da Antoci dal suo insediamento alla guida del parco nel 2013 ha fatto riscontrare importanti risultati.

Grazie al Protocollo sono state infatti revocate all’interno dell’area del Parco (quasi 86.000 ettari di superficie e 24 Comuni fra Enna, Messina e Catania) assegnazioni di terreni pubblici per un totale di 4.200 ettari, che avrebbero garantito 2,5 milioni di fondi Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) e Ue. Inoltre ben 23 aziende su 25 si sono viste rifiutare la certificazione antimafia dalle prefetture di Messina e Enna, per collegamenti con importanti clan mafiosi.

Nell’impegno di ripristinare la legalità all’interno di un’area dove da sempre la criminalità ha fatto affari con il business dell’agricoltura e dell’allevamento, il presidente del Parco dei Nebrodi, insieme al questore di Messina Giuseppe Cucchiara, ha di recente creato anche una task force contro l’abigeato (il furto di bestiame), la macellazione clandestina ed altre pratiche illegali connesse al mercato nero del bestiame.

Proprio ieri a Palermo alla festa dell’Autonomia Siciliana, Giuseppe Antoci ed il vicequestore Daniele Manganaro sono stati premiati con la medaglia d’oro di riconoscimento, per la loro incessante azione a favore della legalità, comportamento a cui non sono mai venuti meno, riconoscendo quei rischi che si sono palesati nel vile attentato subito lo scorso anno nella notte del 17 maggio.

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