Tusa, la mafia e l’impegno per cancellare l’epiteto “anello di congiunzione”

di Giuseppe Salerno
10/06/2022

I legami fra la mafia palermitana e quella della costa messinese, per il controllo del territorio e la gestione del pizzo, passano da Tusa, il centro più estremo della provincia di Messina il cui territorio confina con quello di San Mauro Castelverde, considerata l’anello di congiunzione della mafia tra le due province. È uno degli aspetti emersi nel corso delle diverse indagini condotte dalla DDA palermitana e da quella peloritana.

Diversi casolari nelle campagne, proprio tra Tusa e San Mauro Castelverde, pare abbiano ospitato la latitanza di importanti esponenti di Cosa Nostra, del clan dei Corleonesi capeggiato da Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella, tra gli anni 80 e gli anni 90. Proprio su Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca, sui quali il tusano Gioacchino Spinnato – al momento detenuto nella casa circondariale di Avellino a seguito della sentenza di primo grado del processo “Alastra dove sconta la condanna alla pena di anni 4 di reclusione – in passato ha curato il delicato compito di vigilare sulla sicurezza degli incontri tra due dei esponenti di Cosa Nostra, conducendoli nei luoghi prestabiliti per gli appuntamenti riservati, in epoca in cui entrambi erano latitanti e attivamente ricercati dalle Forze dell’Ordine, gli inquirenti nel corso di svariate indagini hanno acquisito elementi per credere che siano transitati proprio da Tusa.

Il tusano Gioacchino Spinnato, testimone di nozze di Domenico Farinella, figlio di Giuseppe, storico boss della famiglia San Mauro Castelverde e un tempo membro della Commissione mafiosa siciliana, era considerato un “uomo d’onore” alla vecchia maniera e negli ambienti mafiosi era riuscito a dare un certo “spessore” all’area tusana. L’appartenenza dello Spinnato al mandamento e al sodalizio mafioso maurino era stata affermata per la prima volta con sentenza emessa il 22 dicembre 1999 dalla Corte di Assise di Palermo, confermata con sentenza di Appello divenuta irrevocabile il 15 febbraio 2002. In tale frangente Spinnato ha riportato condanna alla pena di anni sei per il reato di associazione mafiosa commesso sino alla data della sentenza di primo grado.

Si torna a parlare di Tusa nel corso delle indagini, condotte dalla  Squadra Mobile, su delega della Procura di Messina, che portarono, nel 2021, all’arresto di Domenico Virga, elemento di spicco di “Cosa Nostra” e, segnatamente, del mandamento di San Mauro Castelverde-Gangi, accusato di essere stato il mandante dell’omicidio di Francesco Costanza, commesso nella strada tra San Fratello ed Acquedolci nel settembre del 2001. Il collaboratore di giustizia Carmelo Barbagiovanni, inteso “u muzzuni”, esponente della famiglia mafiosa “dei batanesi”, riconducibile a “cosa nostra” ed operante principalmente sull’estremo versante tirrenico della Provincia di Messina, fornì una precisa descrizione del contesto in cui è maturato l’omicidio e delle efferate modalità di esecuzione, autoaccusandosi di tale azione criminosa, riferendo del summit all’esito del quale fu decisa l’eliminazione di Costanza, svoltosi qualche settimana prima dell’omicidio in un casolare abbandonato sito in Tusa.

Alla riunione nel territorio alesino presero parte elementi di assoluto rilievo delle famiglie mafiose operanti nella zona posta a confine tra le province di Palermo e Messina. Oltre Costanza, anche Domenico Virga (nipote del boss Peppino Farinella) per i palermitani, Sebastiano Rampulla (fratello del più noto Pietro, “artificiere” della strage di Capaci del ‘92 e oggi deceduto) per i mistrettesi, Carmelo Bisognano per i barcellonesi e Carmelo Barbagiovanni per i batanesi.

All’incontro furono chieste a Costanza spiegazioni sia in merito a somme di danaro da lui trattenute nonostante fossero destinate a compagini mafiose palermitane che alla richiesta del “pizzo” a ditte già “protette” dalle stesse. Non ritenendo convincenti le giustificazioni, i presenti al summit decisero di ucciderlo affidando l’incarico ai batanesi. Barbagiovanni, commise l’omicidio in concorso con Sergio Costanzo, assassinato nel 2010 nelle campagne di Centuripe con diversi colpi di fucile, uno dei quali esploso ai genitali.

Le recenti indagini, nell’ambito dell’operazione “Alastra” accendono i riflettori ancora su Tusa per il coinvolgimento, ancora una volta di Gioacchino Spinnato, che, come testimonia l’attuale collaboratore Filippo Salvatore Bisconti ospitava nella propria dimora tusana incontri per discutere su vicende illecite. U zu “Iachino”, secondo gli inquirenti, ha esercitato le funzioni mafiose di coordinamento con gli appartenenti alla storica famiglia dei Farinella ponendosi quale punto di riferimento sul territorio, continuando a macchiare l’immagine di un paese e della comunità alla quale appartiene. Dagli atti d’indagine emerge che allo stesso, inserito e ben radicato nell’organizzazione “Cosa Nostra”, dal carcere, Domenico Farinella assegna il ruolo sovraordinato nei confronti del giovane ed inesperto figlio Giuseppe. Un ruolo che si è poi estrinsecato nelle varie occasioni, documentate dagli inquirenti, i cui il l’emergente Giuseppe prima di prendere decisioni importanti ha “dovuto” relazionarsi con lo Spinnato.

L’impegno delle Amministrazioni di Tusa contro la mafia

Proprio per cancellare l’anello di congiunzione e mettere una pietra sul passato, quando, parlando di territorio a confine tra la provincia di Palermo e quella di Messina, Tusa e mafia figuravano come facce della medesima medaglia, da anni le Amministrazioni comunali, prima con l’ex sindaco, Angelo Tudisca, e adesso con l’attuale primo cittadino Luigi Miceli, promuovono incontri di sensibilizzazione per la lotta alla mafia ed alle infiltrazione criminali nell’economia del territorio coinvolgendo anche le scuole e i giovani che non devono essere spettatori passivi, ma nuove sentinelle della legalità del futuro.

“Parlate di mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”. Questa frase pronunciata da Paolo Borsellino racchiude tutta l’importanza e la necessità di informare giovani e meno giovani. Le Amministrazioni di Tusa lo hanno fatto affrontando il tema mafia a Castel di Tusa in un convegno al quale, tra gli altri invitati, era presente l’attuale procuratore capo della Procura di Roma, Francesco Lo Voi. Lo stanno facendo nel confronto organizzato per sabato 18 giugno, a Castel di Tusa, nel quale si disquisirà sul tema “la presenza delle mafie nell’economia legale” al quale sarà presente anche il sostituto procuratore della Repubblica DDA di Palermo, Dario Scaletta.

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