Caso Turrisi: gli intollerabili ritardi della Magistratura messinese

di Giuseppe Salerno
07/11/2021

La morte Mario Turrisi, il noto avvocato di Tusa deceduto lo scorso 9 aprile all’età di 45 anni, a distanza di 7 mesi, rimane ancora un mistero. Sul decesso del giovane tusano, nel reparto di rianimazione del Policlinico Universitario di Messina, fu subito aperto un fascicolo, senza ipotesi di reato.

I magistrati Federica Rende e Roberto Conte, della Procura della Repubblica di Messina, informati del fatto che la Direzione del Policlinico, nell’ambito delle procedure di farmacovigilanza, avevano riferito all’AIFA, avevano disposto l’autopsia sul cadavere del giovane avvocato, per cercare di capire se ci fosse stata relazione tra il quadro trombolitico ed emorragico che aveva determinato la morte di Mario Turrisi e il vaccino AstraZeneca, somministrato allo stesso nell’ospedale “SS. Salvatore di Mistretta” 28 giorni prima dell’avvenuto decesso.

La Procura della Repubblica di Messina, in data 9 aprile, aveva conferito l’incarico per la consulenza tecnica all’equipe medica, composta dal medico legale Fabrizio Perri, dell’anatomopatologo Giovanni Bartoloni e dal dott. Antonio Albanese, specialista in malattie infettive, che insieme ai consulenti tecnici di parte, la dott. Daniela Sapienza, l’immunologo Guido Ferlazzo, l’ematologo Andrea Alonci e il dott. Enzo Marguglio (quest’ultimo cognato dell’avvocato Turrisi), all’esito dell’esame sul cadavere, concordarono sul fatto che a causare l’emorragia cerebrale all’avvocato tusano fosse stata una trombosi.

Una trombosi che, secondo gli esperti, avrebbe determinato l’aumento della pressione dei capillari e, di conseguenza, l’emorragia cerebrale che causa del decesso. Nel corso dell’analisi cadaverica, finalizzata a chiarire dubbi relativi alla morte ed accertare questioni rilevanti ad essa connesse, si è proceduto ad espiantare, analizzare ed anatomizzare diversi organi del 45enne, dall’esame dei quali l’equipe avrebbe dovuto rispondere ad uno dei quesiti posti loro dai magistrati, in particolare “se fosse sussistita una correlazione eziologica tra il decesso di Mario Turrisi e la somministrazione del vaccino anti Covid AstraZeneca, alla luce della conoscenze della letteratura medica attualmente consolidate”.

Ad oggi, a distanza 209 giorni dall’autopsia, nessun esito dell’esame autoptico, pare, sia stato depositato in Procura da parte dell’equipe medica, nonostante il termine concesso ai consulenti dai P.M. per il deposito dell’elaborato fosse pari a 30 giorni. Abbiamo sentito l’avvocato Angelo Tudisca, legale della sorella dello sfortunato Mario Turrisi, e abbiamo appreso che più volte il legale ha chiesto alla Procura della Repubblica di Messina notizie relative al deposito della relazione peritale, in ultimo in data 22 ottobre 2021, avendo ricevuto risposta il 5 novembre che “la consulenza non è stata ancora depositata”.

Un ingiustificato ritardo che la dice lunga sui tempi che occorrono allo Stato per poter dare risposte. Quello che a prima vista sembra emergere in tutto questo assurdo ritardo sono l’assoluta noncuranza e un menefreghismo latente, in primis da parte del team di professionisti incaricati per l’autopsia dalla Procura, che non hanno ancora depositato la relazione, e in secundis da parte dei magistrati messinesi titolari dell’inchiesta, che danno l’impressione di essere in serie difficoltà nella gestione dell’inchiesta.

Una vicenda analoga riguarda il decesso Augusta Turiago, l’insegnante messinese di 55 anni, docente di musica, scomparsa lo scorso 31 marzo per un’emorragia cerebrale dovuta a una trombosi. La donna si era sentita male subito dopo aver avuto iniettata la prima dose del vaccino AstraZeneca, l’11 marzo scorso; 13 giorni dopo era finita in ospedale in gravi condizioni dove, da lì a poco, era deceduta. La famiglia, per mezzo del proprio legale, aveva depositato un esposto, inviato per conoscenza anche all’Aifa, all’Istituto Superiore di Sanità, al Ministero della Salute e alla Presidenza del Consiglio: “L’ottimale stato di salute, l’assenza di patologie pregresse e la carenza di genetica predisposizione alle trombofilie, il brevissimo lasso temporale intercorso tra la somministrazione del vaccino e la comparsa dei primi malesseri, nonché il repentino aggravamento del quadro clinico, rappresentano indizi “gravi, precisi e concordanti” tali da indurre a richiedere indagini giudiziarie circa l’esistenza di un nesso causale tra l’inoculazione del vaccino e le patologie insorte”.

Sulla vicenda la Procura ha aperto un’inchiesta, gestita dagli stessi sostituti procuratori che si occupano del caso Turrisi, Federica Rende e Roberto Conte, che avevano disposto l’autopsia, eseguita sul cadavere della donna sabato 3 aprile. Ad oggi, per quanto c’è dato sapere, anche per quest’altra vicenda, non si hanno notizie relative al deposito della relazione peritale.

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